I FIORI DEL MALE TRA POESIA E REALTÀ
Achille
Baratta
Tutto torna in una
ventata di scirocco nelle nostre valli verdi e tutto si mescola tra
letteratura, coltivazioni, irrigazioni e vita.
La cronaca attuale
registra come atti di cronaca nera l’iniziativa dell’assessore all’agricoltura
che insieme al fratello coltivava marijuana. Poi, a Tortorici, la valle
dell’ingegno assediata dalla povertà, scattano i primi arresti per coltivazione
di marijuana.
Pure donna Ciccia
non resiste alla tentazione di coltivare questa pianta nel suo balcone, non
conosce l’attuale legge italiana e la ostenta ai passanti come uno dei suoi
suoni preferiti.
Nessuno si domanda
se questa pianta fosse legalizzata che cosa succederebbe?
Cantone ci ripensa e
la propone come il fiore anticorruzione.
La situazione sembra
ripercorrere quella letteratura e in tutto quello che è comunicazione e poesia.
Per leggere, per
comprendere Baudelaire, occorre anzitutto rendersi conto del posto ch’egli
occupa nella storia della poesia, non solo francese. Non certo per ubbidire a
più o meno validi metodi storicistici, ma perché la critica, da quella più
lontana a quella più vicina, ha resistito sempre meno alla tentazione di
definirlo in un confronto negativo con ,il Romanticismo. per accentuarne il distacco,
e mostrarne tutta ['originalità.
In realtà, la sua
opera si è rivelata sempre più chiaramente, e in tempi non molto lontani, una
pietra miliare nel cammino della poesia moderna, e si è come inverata nei poeti
venuti dopo di lui, autorizzando una specie di processo contro /'epoca
precedente. Già Sainte-Beuve, suggerendo fra mille timori e sospetti alcuni
«petits moyens de défense» per ribattere la pubblica accusa contro le Fleurs
du Mal, impostava il discorso in questo modo: «Tout était pris dans le
domaine de la poésie. Lamartine
avait'ris [es cieux,
Vietor Hugo avaitprisla terre etplus que la terre. Laprade avait pris
les forets. Musset avait pris la passioo et l'orgie éblouissaote. D'autresb
avaient pris le foyer, la vie rurale etc. Théophile Gautier avait pris
l'Espagne et ses hautes couleurs. Que restait-il? Ce que Baudelaire a pris. Il y a été
commeforcé».1 Equi sembra che Baudelaire sia arrivato buon ultimo dopo un lauto
banchetto, e abbia dovuto accontentarsi di quello che gli hanno lasciato (quasi
delle "briciole"i, agendo in uno stato di necessità, e producendo
dunque una poesia strana, diversa, insolita.
Ed è ancora
Sainte-Beuve a parlare altrove di «folie Baudelaire», di un chiosco singolare
eretto all'estrema punta «du Kamtchatka romantique». Più sottile,
ma in sostanza analoga, l'argomentazione di Valby (ripresa, fra gli altri,
anche da Benjamini, in un celebre saggio intitolato appunto Situatioo de
Baudelaire: il problema che Baudelaire dové porsi, coscientemente o
inconsciamente, fu quello di essere un grande poeta, ma di non essere né
Lamartine" né Rugo, né Musset. Tale proposito fu la sua stessa ragion
d'essere., anzi la sua raison d'État, c~e lo costrinse a opporsi sempre
più recisamente al sistema, o all'assenza di sistema, che si chiama Romanticismo.
E Valéry si confortava nella sua convinzione citando le parole di
Baudelaire, in uno dei progetti di prefazione alle Fleurs du Mal, e che
riecheggiano in parte quelle di Sainte-Beuve: Des poètes illustres s'étaient
partagé depuis longtemps les provinces les plus fleuries du domaine poetique.
Il m’a paru plaisant, et d’autant plus agreable que la tache etait plus
difficile, d’extraire la beautè du Mal.
Estrarre la bellezza
del male non è forse il compito principale della nostra società.
Pensate per un
attimo, con una nuova mentalità e ammettiamo, per ipotesi, che coltivare
marijuana diventi legale e che, finalmente, possiamo abbandonare la nostra
cultura prevalente del noccioleto con quello della marijuana.
Prendere atto di una
nuova realtà è dei pochi che non restano legati al passato ma guardano avanti,
guardando alle potenzialità di un territorio che può farci tornare nuovamente
ricchi, fuori dalla attuale disperazione della disoccupazione e della fame
vestita a festa.
Il parallelo con
Baudealire è vivo e costante: la morale, il potere, la religione, lo stato e le
sue leggi:
Multitude, solitude:
termes égaux et convertibles pour le poète actifet fécond»., scrive Baudelaire
nel poemetto in prosa Les Foules. E nelle Fleurs du Mal, per quello
che abbiamo detto finora, c'è più di un momento in cui la poesia si unisce alla
carità, in una «sainte prostitution de l'ame», in un'orgia di amore ineffabile
per gli altri. Baudelaire ha épousé le illusioni dei cenciaioli
ubriachi, le condizioni miserabili e la rivolta della «race de Cain», ha
esaltato la morte quale unica ragione di sopravvivenza e di consolazione per i
poveri, ha provato pietà, simpatia per i malati, gli emarginati: zingari,
pazzi, prostitute, banditi, saltimbanchi, vedove, persone sole o maniache hanno
come eccitato la sua fraterna compressione. Eppure, anche in
quegli stessi momenti, specie se considerate nell'ambito della 5truttura
generale delle Fleurs, e di tutta la 5ua opera, si avverte più netta la sua
solitudine, per una.curiosità di conoscenza, e un'avidità di partecipazione segnate
però dal più radicale pessimismo.
Con quest’ottica del
cittadino scalzo vestito da ricco occorre meditare su un cambiamento radicale
di un territorio che viene dai gelseti del baco da seta per trasformarlo in un
incanto verde che dà la marijuana, senza dimenticarne la ricchezza.
Importiamo e
paghiamo è questa la legge della nostra attuale situazione economica.
I nostri politici
chiedono finanziamenti e quando li ottengono li vendono come ripresa economica.
Gli appalti li
curano sotto l’egida di Cantone che invece dice “Andate avanti e legalizzate la
marijuana”.
Noi siamo integri, o
almeno così diciamo, e le droghe ci fanno paura; non osiamo neanche pensare che
lo sviluppo dei nostri territori abbandonati possa passare da quella che noi
assieme alla “minchia” riteniamo una parola da non pronunciare.
Ancora, ritorna,
Baudelaire che così rinnova il suo pensiero in una poesia pesante ed elaborata
ma di contenuto:
Bizzarra dea, bruna
come le notti,
dal profumo misto di
muschio e d'avana,
opera di un obi, il
Faust della savana,
strega dal fianco
d'ebano, figlia delle nere mezzenotti!
Altro che constance,
oppio e nuits!
E’ all'elisir della
tua bocca che si pavoneggia amore!
Con i miei desideri
a carovana verso di te,
son cisterna per
abbeverare la mia noia quei tuoi occhi!
Demone senza pietà,
versami meno fiamma
dni grandi neri
occhi spiragli dell'anima!
Non sono certo lo
Stige per abbracciarti nove volte!
Non posso certo,
Megera libertina,
diventare Proserpina
nell'inferno del tuo letto
per spezzarti il
coraggio e metterti alle strette!
Satana o Dio? Noi
che vogliamo vivere la nostra terra non sappiamo scegliere, la competenza è di
chi abbiamo delegato a rappresentarci in Parlamento a cui come per Baudelaire
qualcuno ci vieta l’accesso, nel nome della giustizia divina o umana?
Mio caro Baudelaire,
tu ancora vivi e ci parli, noi ritorniamo e andiamo in un apparente movimento
ma è solo un pendolare, siamo legati a quel punto che ci tiene sospesi per
restare in quell’ipotetico e irreale “vorrei” che Santino Spartà così esprime e
racchiude in un pensiero poetico:
Vorrei
Vorrei che la
primavera
restasse sempre
appesa
alla mia innocenza
e l'autunno
sfumasse
nelle dita di peonie
con la sua
struggente nostalgia.
Esilierei l'estate
lungo le battige
e ai due poli
lascerei l'inverno.
Ma poi son sicuro
di non aver bisogno
di queste due
stagioni
messe al bando
dal mio egoismo?
Guarda che
combinazione, pensando alla marijuana ho preso una poesia di un libro che si
intitola “Continuo a remare”, dimenticando che l’umano ha un limite e una
scadenza e si agita tra il legale e l’illegale stabilito da un parlamento di
uomini e di donne che, mi auguro, siano più illuminati possibile per garantirci
un domani che ogni giorno sembra sempre di più inafferrabilmente patetico.
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