martedì 15 dicembre 2015

Auguri di Buone Feste da La Cruna dell'Ago


Gli Articoli di questo numero- Dicembre 2015


LIBERTÀ *RANIERI NICOLAI*

Sui miei quaderni di scolaro
Sul mio banco e sugli alberi
Sulla sabbia, sulla neve
Su tutte le pagine lette
Su tutte le pagine bianche
Pietra sangue o cenere
Scrivo il tuo nome
Sulle immagini dorate
Sulle armi dei guerrieri
Sulla corona dei re
Scrivo il tuo nome
Nella giungla e nel deserto
Sui nidi, sulle ginestre
Sull’eco della mia infanzia = RICORDI
Scrivo il tuo nome
Sulle meraviglie delle notti
Sul pane bianco delle giornate
Stagioni “fidanzate”
Scrivo il tuo nome
Su tutti i miei frammenti d’azzurro
Sullo stagno sale annaffiato
Sul lago luna vivente
Scrivo il tuo nome
Sui campi, sull’orizzonte
Sulle ali degli uccelli
E sul mulino delle ombre
Scrivo il tuo nome
Su ogni folata d’aurora
Sul mare sulle barche
Sulla montagna folle
Scrivo il tuo nome
Sulla schiena delle nuvole
Nei sudori della burrasca
Sulla pioggia fitta e sbiadita (pallida)
Scrivo il tuo nome
Sulle figure scintillanti
Sulle campane dei colori
Sulla verità fisica
Scrivo il tuo nome
Sui sentieri vivaci
Sulle strade dispiegate
Sulle piazze che straripano
Scrivo il tuo nome

Sulla lampada che si accende
Sulla lampada che si spegne
Sulle mie case riunite
Scrivo il tuo nome
Sul frutto tagliato in due
Dello specchio e della mia camera
Sul letto, guscio vuoto
Scrivo il tuo nome
Sul mio cane goloso e morbido
Sulle sue orecchie rizzate
Sulla sua zampa impacciata
Scrivo il tuo nome
Sulla pedana della mia porta
Sugli oggetti familiari
Sull’ombra del fuoco benedetto
Scrivo il tuo nome
Sul vetro delle sorprese
Sulle labbra attente
Ben al di sopra del silenzio
Scrivo il tuo nome
Nei miei rifugi distrutti
Sui miei fari crollati
Sulle mura del mio tormento (angoscia)
Scrivo il tuo nome
Sull’assenza senza desiderio
Sulla solitudine nuda
Sui gradini della morte
Scrivo il tuo nome
Sulla salute ritornata
Sul rischio sparito
Sulla speranza senza ricordo
Scrivo il tuo nome
E con il potere di una parola
Ricomincio la mia vita
Io sono nato per conoscerti
Per chiamarti



LIBERTA’


>>> Piccoli Geni crescono ….  AVETE MAI VISTO UN BAMBINO ALLE PRESE CON UN COMPUTER? * MARIA SCALISI *

Grazie ad un bambino di soli 12 anni, un figlio di Ucria, “La Cruna dell’Ago – Fondatore Ranieri Nicolai” ha un’applicazione per  i nostri telefonini, tablet e Iphone.
Giulio Martella, ha fatto per la seconda volta un’app per smartphone.
Molto semplice, intuitiva e, con un click, immediatamente porta al blog e ai vari social de “La Cruna dell’Ago”.
Aimè, però la burocrazia ci ha fregati ed ancora non è scaricabile… questione di ore.

Pazientiamo un po’…


INNO DI UCRIA * NINO RIGOLI *


INNO DI UCRIA

* NINO RIGOLI *

Ecco l’inno per la squadra di Ucria..
Cercatemi su youtube


I BISCOTTI I RANNAZZU – I BISCOTTI D’ABATIA – I BISCOTTI CA SUGNA – I BISCOTTI CU LEVUTU * SALVATORE RUSSO *


D
opo il trasferimento ad Ucria, negli anni ’60, si iniziò la produzione dei biscotti d’Abatia, chiamati ad Ucria in vari modi: i biscotti i Rannazzu, i biscotti ca sugna, i biscotti cu levutu.
Ricetta data nel ’49 da una anziana signora del tempo che lavorava in un convento di Randazzo, dove producevano questi Biscotti, ritenuti tipici della zona.
Gli ingredienti sono:
·         5 kg di farina;
·         1 kg di zucchero
·         500 g di strutto (a sugna);
·         200g di lievito naturale (u ripigghiaturi).
Si inpasta u ripigghiaturi con 800 g di farina e acqua; l’impasto deve venire molto liquido, e, secondo la stagione della produzione, (in inverno anche 24 ore, in estate bastano anche 4 ore), si fa lievitare.
Passate le ore della lievitazione si uniscono gli ingredienti, farina, zucchero e strutto e si lavora bene la pasta. Se la si impasta con le mani, si deve “scanaliare” bene, la pasta dei biscotti deve essere ben lavorata, non deve avere grumi, deve essere omogenea e molto morbida.
Si fanno le forme dei biscotti, solitamente leggermente ad “S”, si adagiano in un ripiano e si fanno nuovamente lievitare.
Anche in questo caso in inverno occorrono anche 20 ore di lievitazione mentre in estate molto meno.
Una volta lievitati i biscotti, si infornano per una cottura di circa mezzora.

Appena cotti, mangiarli.

LA MIA AVVENTURA CON LE API * Peppino Marcantone *

Un giorno, chiacchierando con degli amici, seppi che ad Ucria si sarebbe tenuto un corso di apicoltura. Lì per lì non ci feci attenzione finché non mi chiesero se lo volessi frequentare.
Un po’ titubante, dissi di sì.
La prima sera fu una noia terribile, a poco a poco, invece, mi appassionai.
Finito il corso, comprai tre famiglie di api dando così inizio alla mia avventura.
Incominciai a produrre miele.
L’apicoltura fatta con passione è qualcosa di magico.
 Adesso, io e la mia famiglia produciamo miele assolutamente naturale.
Nelle nostre zone, sui monti Nebrodi, si produce un ottimo miele di castagno, millefiori e di agrumi. Non essendoci altre fioriture, vengono prodotte piccole quantità di altri mieli (eucalipto, acacia, cardo).
Il nostro miele viene estratto per forza centrifuga e non viene sottoposto ad alcun trattamento termico. Gli alveari non vengono trattati con prodotti chimici.
Forse pochi sanno che il miele è un prodotto naturale al 100% e che può essere assunto da tutti, dai bambini e dai diabetici, essendo costituito da zuccheri semplici (fruttosio).


Continua…






Come trovare i miei antenati? *Valentina Faranda*

Sono domande che tutti ci poniamo in momenti precisi della nostra vita. Sono domande alle quali, probabilmente, non daremo mai una risposta, se queste riguardano il senso profondo e nascosto della nostra esistenza.
Ma se non è possibile avere alcune risposte tuttaviapossiamo conoscere le nostre radici, stringere la mano ai nostri avi e conoscere chi siamo.
Si tratta di una ricerca parecchio difficile e anche lunga.
 Già nell’antichità era in uso la pratica di scrivere genealogie. Spesso si trattava di scoprire legami parentali, le cui ricerche portavano a divinità; basti pensare che la Gens Julia vantava la sua discendenza da Iulo o Ascanio, il figlio di Enea, figlio a sua volta della dea Venere, ricollegando la gens ad una importante divinità.
Oggi con l’istituzione degli archivi storici e il grande aiuto della rete è possibile semplificare le nostre ricerche.
Punto di partenza è il cognome, o "casato", che indica i discendenti di un’unica famiglia. La nostra caccia prevede in primis l’accesso agli uffici di stato civile del comune di appartenenza. Qui sono custoditi i dati dei cittadini e dei loro ascendenti. Inoltreesistono gli archivi di stato che conservano gli atti anagrafici di tutti i cittadini e nei quali si può richiedere un certificato storico.
La ricerca dei dati anagrafici di una persona deve partire da riferimenti geografici, di tempo e di relazione parentale (genitore, coniuge, figlio), procedendo a ritroso. È sempre consigliabile iniziare le ricerche dall’archivio del Comune di origine.  Per il periodo antecedente al 1° settembre 1871 è necessario rivolgersi alla parrocchia poiché le funzioni di Ufficiale di stato civile erano espletate dai parroci, titolari delle scritturazioni e della conservazione dei registri dei battezzati, matrimoni, morti e stati d’anime dalla seconda metà del Cinquecento, a seguito delle disposizioni del Concilio di Trento.
Per chi volesse una scorciatoia, oggi, è possibile sfruttare la potenza del Web. Esistono infatti vastissimi database online, come FamilySearch, MyHeritage o Ancestry, in cui gli utenti immettono i dati delle proprie famiglie per creare degli “alberi genealogici pubblici” e trovare avi/parenti da tutto il mondo. Grazie a questi dati chiunque può rintracciare i propri avi consultando cognomi, casati, date di nascita, foto ed anche documenti.
Ci sono domande sulla nostra esistenza a cui, forse, non risponderemo mai. Magari non capiremo mai lo scopo delle nostre vite ma ci sono domande su noi stessi a cui, invece, possiamo rispondere con qualche aiuto e tanta pazienza.

La ricerca del “chi” ha messo del suo, anche solo per un fattore genetico, nel renderci chi siamo è divertente e intrigante perché è vero che la nostra vita è proiettata verso il futuro ma è anche vero che c’è un enorme fascino nel nostro passato.



IL PARCO DEI NEBRODI * ROSALBA PALADINA *

Il parco dei nebrodi è stato istituito il 4 agosto 1993; con i suoi 86.000 ettari è il più grande parco siciliano. I comuni del parco sono 23 di cui 18 in provincia di Messina (Acquedolci, Alcara Li Fusi, Capizzi, Caronia, Cesaró, Floresta, Galati Mamertino, Longi, Militello rosmarino, Mistretta, S. Agata Militello, S. Domenica Vittoria, S. Fratello, S. Marco D'alunzio, S. Stefano Di Camastra, S. Teodoro, Tortorici Ed Infine Ucria), 3 in provincia di Catania e 2 in provincia di Enna.  Quello dei Nebrodi è un territorio sorprendente: ha ricchi boschi suggestivi, silenziosi laghi e torrenti fluenti e ampi verdi pascoli d'alta quota che contrastano con l'immagine più comune di una Sicilia arida ed arsa dal sole. Il piano Mediterraneo è caratterizzato dalla tipica macchia mediterranea sempreverde, ove predominano l'Euforbia, il Mirto, il Lentisco, la Ginestra e dove si riconoscono elementi arborei a foglie strette quali il Corbezzolo, la sughera e il leccio. 

I Nebrodi (il cui nome deriva dal greco Nebros che vuol dire cerbiatto) costituiscono ancora la Sicilia più ricca di fauna.  Grazie alla sua alta varietà ambientale,  il Parco ospita comunità faunistiche ricche e complesse: numerosi mammiferi (Istrice, Martora, ghiri) i Rettili e gli anfibi, ingenti le specie di uccelli nidificanti e di passo, eccezionale il numero degli invertebrati. 
Sui Nebrodi sono stati classificati circa 150 specie di uccelli: le zone aperte ai margini dei boschi offrono ospitalità a molti rapaci come il Nibbio reale ed il falco Pellegrino,  mentre le zone rocciose aspre e fessurate delle rocche del crasto sono il regno dell'aquila reale e del grifone. 
La millenaria civiltà dei contadini e dei pastori dei Nebrodi si riflette in numerosi produzioni artigianali.  I prodotti alimentari trovano la loro massima espressione in quelli caseari: il dolce o piccante canestrato, il gustoso pecorino, la profumata provola e la delicata ricotta vengono, ancora oggi, lavorati dalle sapienti mani dei pastori. Rinomati i salumi ottenuti con le carni dei suino nero dei Nebrodi; la produzione di olio d'oliva, nocciole, pistacchio e frutti di bosco sono pregiati. 
La cucina è sobria ed essenziale e riserva sapori antichi (maccheroni fatti a mano, castrato alla brace, capretto al forno).






L’ENERGIA PULITA E LE RETI INTELLIGENTI DELLA CITTÀ IDEALE *Achille Baratta*

L’ENERGIA PULITA E LE RETI INTELLIGENTI DELLA CITTÀ IDEALE
*Achille Baratta*

F
ermarsi ai fiori è certamente troppo poco, occorre solo oltre lo stretto e togliersi i paraocchi culturali e scegliere un altro punto di vista che ci liberi dalla cancrena delle discariche e dei relativi intrallazzi e ci faccia capire i vantaggi diretti e indiretti del nuovo modo di fare urbanistica che oggi non può più essere una scienza di pochi ma deve coinvolgere altri settori per dare una nuova linfa ai nostri centri abitati in piena libertà conoscitiva.
In Italia i tagli retroattivi e improvvisi hanno messo in ginocchio la nascente industria dell’energia pulita. Nel 2014 c’è stato un calo del 71% per cento degli investimenti in rinnovabili con crollo occupazionale.
Positivo invece il trend nel settore degli imballaggi. L’aggiornamento del rapporto di sostenibilità del Conai, il consorzio del settore (elaborato con l’approccio metodologico del Green Economy Report), testimonia che nel 2014 il recupero e l’avvio a riciclo degli imballaggi ha generato benefici economici diretti per 891 milioni di euro. Inoltre il riciclo e recupero degli imballaggi ha consentito nel 2014 il risparmio di 3,3 milioni di tonnellate di materia prima.
A Milano la differenziata è al 67%, infatti in sei mesi l’Expo ha prodotto una montagna di rifiuti, che sono stati raccolti e trattati in modo differenziato. L’Amsa (Azienda milanese servizi ambientali) ha infatti usato per il sito dell’Esposizione il metodo utilizzato in tutta Milano.
Conai ha invece messo a punto un “contatore ambientale” che è stato installato per valutare i benefici derivanti dalla corretta gestione della spazzatura. Secondo i dati aggiornati al 15 ottobre, la differenziata all’interno dell’area espositiva ha raggiunto quota 67%, evitando l’emissione di 285 tonnellate di Co2 e consentendo il risparmio di 44.700 metri cubi d’acqua e di 4 milioni di kwh di energia elettrica. I rifiuti riciclati nei primi quattro mesi hanno, inoltre, permesso di produrre 213.426 felpe in pile, 2.230 panchine in plastica, 51.594 chiavi inglesi, 2.495 caffettiere in alluminio, 2.321 armadi in legno, 5.205.363 scatole per scarpe, 1.310.716 bottiglie in vetro e 171 tonnellate di compost. Ma c’è chi per vivere meglio propone le reti intelligenti della città ideale, ecco quello  che scrive Laura Montanari su La Repubblica.
Lampioni che si caricano con la luce solare, strade che si illuminano senza bisogno di elettricità, telecamere a basso costo, droni per il monitoraggio del traffico o delle frane. La città digitale è un laboratorio delle meraviglie, un cantiere aperto, andare in bicicletta per lunghi tratti su piste ciclabili collegate, camminare su superfici che riducono il rumore. «Le smart city sono mirate a una sostenibilità che va in tre direzioni: ambientale, economica e sociale». spiega Gian Marco Revel, docente di ingegneria all’Università Politecnica delle Marche. «Sono un concetto ampio e complesso perché toccano il Dna del vivere urbano». E puntano tutto sulla tecnologia per sciogliere i nodi, dal traffico alla raccolta dei rifiuti, dai parcheggi al trasporto pubblico e per offrire soluzioni che migliorino la vita dei cittadini.
Si potrebbe protrarre questa tematica sociale ed economica all’infinito, ma il vero problema è portare fuori dai recinti delle professioni queste argomentazioni che non sono certamente di settore. Dobbiam cambiare canale con i fiori e col riuso, invece di giocare a nascondino, affrontiamo i problemi da un nuovo punto di osservazione che potrebbe essere anche Ucria.
Ma il trend nord-sud aumenta ancora ma noi non siamo italiani? O semplicemente i neri annacquati d’Italia!


NELLA NOTTE DI SABATO 6 GIUGNO 1682 *LUIGI PINZONE *

Nella notte di sabato 6 Giugno 1682 si abbattè su Tortorici e paesi circonvicini uno spaventoso nubifragio la cui memoria è ancora bene impressa nell'immaginario collettivo della gente anche ad Ucria. Mastro Domenico Lionetto (DuminicuLiunettu della terra di Castania di Capo d'Orlando) scrisse Canzunetti Siciliani dell'Inondazioni chi successi nella Vittoriosa Città di Tortorici, e confini alli sei di Giugno 1682 ovvero " 'U dilluviu di Turturic"i di cui mi piace ricordare qualche verso che riguarda il nostro paesello: "A li setti di giugnu a la matina s'asciaru li Criotisdisulatisissantaquattru casi e du' mulina tutti chini di genti, e nutricati, ma commuvosì la buntà divina di luSignuri di la Pietati, benchìappiru di robba la ruìnanun ci fu dannu di genti annigati."
Come si vede a Ucria i danni furono limitati ma:
"Fu a Turturici la prima rujìna, chi persi quantuperdiriputìa. Lu secunnufracassu di sta china l'appi la sfurtunataCastanìa.... .... S'appi dannu Sinagra, o puru Ucria, Rannazzu, Castigghiuni, e FrancavigghianuncommuTurturici e Castanìa, chi di lumunnu su' la maravigghia..."

"'U dilluviu di Turturici" è stato riedito nel 1982 a cura del prof. Sebastiano Franchina. di Tortorici. Luigi Pinzone..

I tri re magi * Franca Scolari Papalia *



Poesia La Nascita Du Bambineddu * ANTONINA MARIA ORIFICI *

Il natale non e' un giorno qualsiasi, e' un cammino di vita e un modo di vivere con gli altri, camminare insieme a loro, con attenzione, rispetto, amore e dono del nostro tempo che e la cosa piu' preziosa. Non tutto quel che luccica fa Natale. A volte basta un gesto per far brillare il cuore di qualcuno.
Auguri di  bun natale a tutti e buone feste.

Poesia
La Nascita Du Bambineddu
Quannu  'nta tuttu lu munnu si sparsi la nutizia c'avia nasciutu Lu Bambineddu Gesù.
Tutti partirunu pi ci purtari duni: Lu Picuraru ci purtau na fascedda china di ricotta,
la lavannaraci purau i panni i e tutti l'autri pirsuni tanti cosi.
I Tri Re Magi di l'oriente, Li Re Magi purtarunu unu oru,
l'autru incenzu
e l'autru mirra.
Chi Gioia, Gesù Chi Nasci porta vita e spiranza a tutti.

U Natali e unu spettaculu prufundo di cori di culuri chi unisci genti di tuttu lu munnu.

IL NATALE NELLA TRADIZIONE DI PALERMO … E NON SOLO - Salvatore Lo Presti -

Il Natale nella tradizione di Palermo … e non solo
- Salvatore Lo Presti -


Voglio cominciare questo mio articolo, rivolgendo i miei più sinceri e affettuosi auguri di buone feste a tutti, e con l’auspicio che le feste che si prospettano dinanzi a noi, possano portare serenità e felicità, perché, in un periodo storico dove si stanno mettendo in discussione le tradizioni, le nostre tradizioni, ( le quali, vogliamo o non vogliamo ammetterlo, ci hanno permesso di arrivare dove oggi siamo ), e dove spesso la paura prende il sopravvento sulla ragione ( unico motivo per cui l’essere umano è superiore alle altre creature presenti sul nostro pianeta ), si possa continuare invece a tramandare le tradizioni, che tanto ci hanno insegnato, e ancora ci insegnano. Tradizioni che devono servire non soltanto da pretesto per cercare di pretendere dei diritti, ma che devono soprattutto servire per farci capire da dove veniamo. Perché si può guardare con fiducia al futuro solo ed esclusivamente se si ha la consapevolezza del nostro passato.
In questo articolo, parlerò del Natale, di come esso veniva vissuto a Palermo nel XIX secolo, riportando quello che sul Natale racconta un libro da me letto recentemente, ovvero La Conca D’Oro, Guida Pratica di Palermo” per Enrico Onufrio, libro edito a Milano dai Fratelli Treves, nel lontano 1882.
Il presente libro, è diviso in 4 parti, la prima parte riguardante la città, la seconda parte sulla vita dei cittadini palermitani e sulle loro abitudini, la terza parte riguarda la spiegazione di alcuni dei monumenti di Palermo, e l’ultima parte, la quarta, sui dintorni.
Quello che io riporto è inserito nell’undicesimo capitolo della seconda parte, che lo scrittore così comincia:
“Tutte le  feste e le festicciole popolari, tranne il carnevale, hanno un carattere religioso; cioè, intendiamoci bene, la religione è un pretesto, un santo pretesto che serve a salvar le apparenze; ma lo scopo vero, ultimo, reale, è quello di far baldoria, e di gozzovigliare. Ne volete un esempio? Non c’è festa religiosa in Palermo, che non abbia il suo manicaretto, il suo dolciume occasionale. Lo sentirete  adesso che, a cominciar dalla Pasqua, vi andrò discorrendo brevemente delle varie solennità… chiamiamole pure religiose.”
Questa introduzione da parte dell’autore basterebbe, o quantomeno dovrebbe bastare, a far capire a tutti noi, come la religione, in ogni tempo, non è stata solamente un elemento che ha condizionato la vita di noi esseri umani, ma al tempo stesso, è stata utilizzata per poter avere attimi di svago e di libertà dalla normale routine quotidiana, e che quindi chi oggi cita la religione come unica causa per lo stato di arretratezza della nostra terra ( dove per terra intendo non solo la nostra Regione, ma l’intera Nazione ), dovrebbe riflettere, fermarsi davanti un tavolo, aprire un qualsiasi libro, indipendentemente tratti di  Storia dell’Arte, di Storia, o ancora anche un semplice romanzo, e dopo averlo sfogliato, domandarsi cosa sarebbe oggi l’Italia, senza la religione.
Passo adesso a riportare quello che l’autore scrive sul Natale, e su come questo era vissuto alla sua epoca, dai suoi compaesani palermitani:
“E adesso entriamo un pochino nell’ambiente allegro del santo Natale; facciamo un po’ risplendere la gaia fiamma del ceppo.
Eppure, ve lo dico fin da principio, di ceppo e di fiamme in Palermo non bisogna parlarne, per la ragione semplicissima che ci bastano le fiamme del sole a riscaldarci; sicchè il camino, nelle nostre abitazioni, è raro come un cameo greco; lo spazzacamino poi è un animale che non appartiene alla nostra fauna.
Torniamo dunque al Natale, ovvero alla gastronomia natalizia, perché tutti i salmi finiscon in gloria e non c’è festa senza farina. Ebbene: il panettone a Milano non assume in quei giorni le proporzioni d’un monumento? e il capitone a Napoli? e il pan pepato altrove? Perché dunque non debbo dirvi due parole della nostra mustazzòla? Statemi quindi a sentire, e compatitemi se son costretto a fare per un istante il sapiente.
Voi lo sapete: ai tempi che il mondo si chiamava romano, c’erano le feste di Saturno, e tali feste si celebravano il 25 dicembre, che rappresentava allora il Natale dell’anno, vale a dire subito dopo il solstizio d’inverno.
Ebbene, tra le vivande rituali di quella festa, ci erano i mustacca, che sono i mostaccioli o mustazzoli d’adesso fatti di farina e miele. Non vi commovete al sentire tutte queste belle cose? Per lo meno noi palermitani possiamo affermare che in fatto di mostaccioli non abbiamo tralignato dai nostri padri; eppoi queste offerte di farina e miele non vi ricordano gli antichi e semplici riti del culto pagano, e salendo su su fino ai  nostri primi atavi della valle dell’Oxus, non vi ricordano il sacerdote aryano, là, nelle fertili regioni dall’Eptasiuda, che, su la vetta d’un colle, dinanzi a un rozzo altare, offriva il biondo miele e la candida farina al dio della luce e al dio delle tempeste?
Auf! la sapienza è sfumata; tutto quello che sapevo l’ho detto.
Passiamo oltre. Di che cosa debbo parlarvi?
Del natale, vale a dire di Gesù bambino, del bue e dell’asinello; ed ecco un presepe già bello e formato. E i presepi da noi, in tali giorni di feste, sono assai in voga; i bambini specialmente ne vanno matti. Con dei pezzi di sughero formano una grotta, e poi comperano dei pastorelli di creta, che qui si vendono a due centesimi l’uno. In mezz’ora è composto tutto lo scenario: in fondo la grotta con dentro Gesù coi piedi e le mani per aria, accanto a lui, a destra e a sinistra, il bue e il somaro che lo fiutano avidamente; un po’ più da canto la madonna per lo più ginocchioni, e San Giuseppe con un nodoso bastone in mano. Verso la grotta s’incamminano dei pastori, recanti con sé delle offerte, come a dire agnelli, ricotte, formaggi; qua e là poi, per la scena, si vedono una mandra con rispettiva caldaia in funzione, una cascina, un tugurio, degli alberi, una collina, un prato, e così di seguito tutto ciò che di bello presenta la campagna. Questo è il presepe che metton su i bambini, e se ne stanno per delle ore contemplandolo a bocca aperta.
Vi piace tutto ciò? è simpatico? è grazioso? è gentile? è Arcadia insomma o non è Arcadia? Aspettate, che di cotesta Arcadia debbo  ancora disegnare l’ultima scena.
State a sentire: una delle più inveterate abitudini delle feste natalizie in Palermo è il giuoco d’azzardo; e non c’è riunione elegante, non v’è circolo, dove per nove o quindici giorni di seguito non si studi la scienza positiva della bassetta, del lanzichenecco e del macao. Nelle case della piccola borghesia si giuoca per soldi e magari per centesimi, ma nei circoli e nelle case signorili le centinaia e le migliaia si dileguano come in acqua la spuma. È per questo che, in quei giorni, uscendo la mattina di buon’ora a respirare un po’ d’aria, boi incontrate delle facce livide di fatica e di rabbia, delle persone prostrate dalla stanchezza e dal sonno, e che, rimaste in debito di grosse somme, van cercando il modo di riparare al danno. È in tale occasione che si compiono delle stupende operazioni al cento e magari al duecento per cento, e chi si frega le mani è quel brutto rettile dagli occhi di falco che si chiama usuraio.”
Nonostante il libro parli e racconti di una Palermo che oggi, per moltissimi aspetti non c’è più, molte delle cose che sono raccontate in questo libro in occasione della festa del Natale, personalmente io le ricordo. Non pensiate adesso che io sia pazzo, con la mia ultima affermazione, voglio solo dire, che quando io ero bambino, non molti anni fa insomma visti i miei 26 anni, nel mio quartiere, con mio fratello, Luca, Claudio e tutti gli altri bambini presenti nella mia zona, ci siamo ritrovati spesso e volentieri ad allestire il presepe, e, come noi facevano gli altri bambini in ogni altro quartiere del paese. Ancora oggi, nonostante nel nostro paese i bambini comincino a essere sempre meno, ogni anno i presepi non smettono di essere presenti.
Da noi, i mustazzoli non sono presenti, ma comunque anche da noi è presente una pietanza che ogni anno viene preparata nel periodo natalizio, ovvero le “Crispedde”, sapientemente descritto da Marco Ferro in un articolo lo scorso anno nel medesimo giornalino.
Un altro aspetto che ahimè è facile riscontrare anche nel nostro comune è il gioco d’azzardo, dove in molti ogni anno, nel periodo natalizio si ritrovano per giocare, e se è pur vero che ognuno con i propri soldi può fare quello che vuole, è vero anche che quando si gioca mettendo in palio denaro c’è chi vince, solitamente sono pochi, se non uno solo, e c’è chi perde, la maggioranza di quelli che giocano, e talvolta chi perde mette in difficoltà intere famiglie. Per questo colgo anche l’occasione per invitare tutti voi a non giocare, o, a giocare in maniera responsabile, perché il termine gioco è qualcosa che dovrebbe essere visto come positivo e non dovrebbe in nessun caso essere visto come un modo per aumentare il grano che ognuno, chi più e chi meno, ci ritroviamo in tasca. Insomma, giocare si, ma per divertirsi e per stare tutti assieme in armonia.














A CONA di Nino Algeri





A CONA 
di Nino Algeri


Ô Santu d’Assisi, ô povvureddu,
Va u meritu d’un tesoru beddu,
Chi tutti si misunu a cupiari,
p’’a nascita d’’u Signuri festeggiari.

Iddu u presepiu, pi prima, fici,
lu munnu interu lu benidici.
A tutti i banni , cu carchi varianti
si fa u presepiu, e si ntonanu canti.

Cona nto Missinisi venia ditta,
na nicchia con cannistru a navetta,
cunzata cu fogghi d’aranci e di lumia
sparaciu niuru e biancu, puru. si mittia.

C’’a mattula supra stu virdi jittata
Si dava l’impressioni d’una nivicata.
Sta nicchia vinia assai abbillita
Cu aranci, mannarina e cutugnata.

Si mittiunu, puru, nuci e nuciddi
Pi fari piluccari i cchiu picciriddi.
Cu novi cannili, puru, era parata,
d’’a nuvena, una, pi ogni jurnata.

U ciaramiddaru c’’a sò ciaramedda
dava alligrizza a sta conicedda.
Pi tradizioni u presepiu era chistu,
A mezzanotti nascia Gesù Cristu
nta stu cannistru a  forma i manciatura
chinu di pagghia spinusa e dura.

4° classificato  concorso Fra Urbano della Motta ( Motta Camastra)