lunedì 14 novembre 2016
La Cruna dell'Ago - Anno n. 1 - N. 10 - Novembre 2016
Etichette:
Fondatore Ranieri Nicolai,
La Cruna dell'Ago,
messina,
novembre 2016,
Sicilia,
Ucria
Ubicazione:
98060 Ucria ME, Italia
Comunicato stampa: COSTITUITO IL COMITATO “NOCCIOLO PATRIMONIO DA TUTELARE”
COSTITUITO
IL COMITATO “NOCCIOLO PATRIMONIO DA TUTELARE”
Ucria 02 11 2016 Si è
costituito il comitato “Nocciolo
Patrimonio da Tutelare, “fondato da imprenditori e produttori corilicoli
(nocciole), con lo scopo di denunciare la drammatica situazione economica che
ha colpito il settore, causata dalla presenza di ghiri e del cimiciato (attacco
delle cimici alle piante di nocciolo), che hanno infestato e distrutto buona
parte del pregiato raccolto che è esportato in tutto il mondo. Danni ingenti
sono stati riscontrati nel territorio che comprende i 23 comuni, che ricadono
nell’area dei Nebrodi ed in particolare: Ucria, Raccuia, Sinagra, Tortorici,
Castell’Umberto,
Montalbano Elicona, Roccella Valdemone. Su circa 5.000 ha di
noccioleti si stima un danno che si aggira tra il 70 e 80% dell’intera
produzione. La costituzione del comitato nasce dalla volontà di trovare una
sinergia con le Istituzioni Regionali e Nazionali al fine di arrestare questa
forza distruttiva che potrebbe definitivamente annientare un settore produttivo
di eccellenza per il territorio dei nebrodi. Il Comitato “Nocciolo Patrimonio da Tutelare”, organizzerà una conferenza stampa
sabato 20 novembre alle ore 10.00 presso il Castello Federico II di Montalbano
Elicona per discutere ed individuare le opportune soluzioni. All’incontro,
parteciperanno tra gli altri: il Professore Matteo Florena, il Professore
Basilio Baratta, il Presidente dell’Associazione frutto dei Nebrodi, Felice
Genovese, il Presidente della Comunità della Nocciola dei Nebrodi Enzo Ioppolo,
l’esperto dottore agronomo Sebastiano Galvagno, i Segretari Generali della
C.G.L, C.I.S.L, U.I.L, il segretario dell’Unione Provinciale degli agricoltori,
i Rappresentanti Cia (confederazione italiana agricoltori) ed i Rappresentanti
della Coldiretti e Confagricoltura di
Messina. “Numerosi, si legge nella nota ufficiale sottoscritta dal Comitato-
sono gli agricoltori del luogo che lamentano quest’anno il ridotto raccolto
della nocciola. L’economia agricola del paese e del territorio nebroideo,
basata in gran parte sulla produzione e raccolta della famosa “nocciola
siciliana dei Nebrodi” molto apprezzata per l’aroma, il sapore delicato e il
retrogusto intenso rischia dunque di essere messa seriamente in ginocchio.
Dobbiamo tutelare questa riserva preziosa, che ha rappresentato la Sicilia al Salone del Gusto di
Torino ed alla
Fiera Internazionale di Stoccarda riscuotendo consensi e apprezzamenti per le
sue qualità. Questo patrimonio genetico
locale e’ da tutelare perché fonte di biodiversità di notevole valore sociale,
culturale ed economico. Chiediamo pertanto alle Istituzioni di intervenire
tempestivamente per preservare e valorizzare questa risorsa fondamentale anche
per la stabilità, la conservazione del territorio e per la salvaguardia
dell’economia delle aree interessate. Tutti gli attori coinvolti auspicano
azioni risolutive per la ricostituzione dell’equilibrio biologico utilizzando
possibili soluzioni naturali quali alternativa colturale sostenibile”.
Sulla Rocca di San Marco - Giovanni Rigoli
Sulla Rocca di San Marco
Alpinisti in
borghese
lei mi sembra
un'ucriese
lui un giovane
cortese
una rocca stan
scalando
non ti dico
mica quando
non ti dico
neanche dove
non vorrei che
poi piove
so che han
fatto tanta strada
e bagnati di
rugiada
han cambiato
di contrada
dalla loro
prima casa
son andati un
po' lontano
se li cerchi
vai a Milano
fan famiglia
assai felice
perché Dio li
benedice
questa è foto
da cornice
Giovanni
Rigoli
MUDDICHEDDI DI STORIA CRIOTA: "A STATUA DA MADONNA I POMPEI 'NTA CHIESA A MATRICI"- SENZA PASSATO NON SI COSTRUISCE FUTURO - Carmelina Allia
<<SENZA PASSATO NON
SI COSTRUISCE FUTURO>>
Carmelina
Allia
Non è facile trovare in una statua
della Madonna di Pompei l'espressione dolcissima del volto della Vergine e del
suo Bambino, che caratterizza la statua che troviamo nella nostra Chiesa Madre
di Ucria.
Se ci si sofferma un pò a
contemplarla, mentre sgorga dal cuore una preghiera, si resta incantati, perché
quei volti parlano di bellezza, di tenerezza, di bontà ed ispirano sentimenti
di pace e di fraternità.
Una mia cara amica: Mela Lembo
" a pitrusina", mi ha raccontato la storia della nostra statua della
Madonna di Pompei, che mi piace far conoscere, particolarmente ai giovani,
perché senza passato non si ha identità, ed anche perché è segno di fede
autentica e di genuina fiducia nell'intercessione della Vergine Santissima.
Erano gli anni del primo ‘900 e la
signora Celeste Galvagno, nota per la sua gentilezza e generosità, temendo per
la salute della figlia Rosalia - molto malata - fece un voto alla Madonna di
Pompei, di cui era devota, avendo a casa un suo quadro.
Promise che, a guarigione ottenuta della figlia, avrebbe commissionato una statua: il costo sarebbe stato saldato dalle offerte delle persone a cui lei avrebbe chiesto un contributo: "a sordi dumannati", bussando alle porte delle case, umiliandosi nella richiesta, lei una signora che apparteneva alla classe dei "Civili".
Promise che, a guarigione ottenuta della figlia, avrebbe commissionato una statua: il costo sarebbe stato saldato dalle offerte delle persone a cui lei avrebbe chiesto un contributo: "a sordi dumannati", bussando alle porte delle case, umiliandosi nella richiesta, lei una signora che apparteneva alla classe dei "Civili".
Ottenuta la grazia della guarigione
della figlia, la signora Celeste mantenne la promessa fatta.
Si recò a Pompei e commissionò la
statua.
Quando questa giunse ad Ucria, fu
accolta con tanta gioia da tutti gli Ucriesi accorsi numerosissimi in chiesa e
si fece una bellissima festa.
Molto probabilmente da allora
cominciò la tradizione della preghiera dei "Quindici sabati", in
onore della Madonna di Pompei, tradizione che ancora continua e che comporta il
ritrovarsi davanti al Suo altare per 15 sabati consecutivi ed invocare la
Vergine con particolari preghiere e riflessioni, espressione della devozione
mariana del popolo ucriese.
Per alcuni anni, come mi è stato
raccontato dalla nostra Maria Scalisi, che l'ha appreso dai suoi genitori,
davanti all'altare della Madonna di Pompei, a luci spente, veniva celebrato il
matrimonio di chi aveva fatto "la fuitina", o, per motivi
economici.
E mi sembra bello pensare che le
coppie il cui amore, talvolta, era contrastato dalle famiglie, si sentissero
accolte da questa Madre tenerissima e a Lei affidassero la loro vita insieme.
Oggi tutti noi Ucriesi e coloro che vengono a visitare la nostra bella Chiesa, possiamo ammirare, grazie alla fede operosa della signora Celeste Galvagno, l'immagine della nostra Mamma del Cielo, che - posta sull'altare di fronte alla porta laterale da cui si accede normalmente in Chiesa - accoglie tutti noi suoi figli e, col Suo sguardo d'amore, ci invita ad avere un cuore aperto e fiducioso, a non restare indifferenti alle sofferenze di chi incontriamo e a non farci rubare la speranza, come spesso ci sollecita papa Francesco a cui, credenti e non credenti, vogliamo un gran bene.
Oggi tutti noi Ucriesi e coloro che vengono a visitare la nostra bella Chiesa, possiamo ammirare, grazie alla fede operosa della signora Celeste Galvagno, l'immagine della nostra Mamma del Cielo, che - posta sull'altare di fronte alla porta laterale da cui si accede normalmente in Chiesa - accoglie tutti noi suoi figli e, col Suo sguardo d'amore, ci invita ad avere un cuore aperto e fiducioso, a non restare indifferenti alle sofferenze di chi incontriamo e a non farci rubare la speranza, come spesso ci sollecita papa Francesco a cui, credenti e non credenti, vogliamo un gran bene.
E la Madonna di Pompei benedica
Ucria e tutti i suoi figli sparsi nel Mondo.
L’ULTIMO LATIN LOVER - Giuseppe Salpietro
L’ULTIMO
LATIN LOVER
Giuseppe Salpietro
Era comunemente
conosciuto come Johnny Casella, ma si faceva chiamare John Kennedy.
Giovanni Casella,
non è difficilissimo incrociarlo ancora oggi mentre staziona immobile a Messina
all’incrocio tra il Viale San Martino e la Via Maddalena lato monte. Benché
avanti negli anni conserva ancora i tratti antichi ed irriducibili
dell’impenitente play boy.
Per diversi
decenni, la sua presenza in quel luogo è stata fissa, come quella del palo
della pubblica illuminazione o del vicino semaforo che regola il passaggio dei
pedoni da un marciapiede all’altro. Se avesse in questi anni timbrato il
cartellino e l’avessero pagato ad ore per lo stazionamento, sarebbe ricco.
Percorrendo il
Viale, un tempo luogo d’affaccio dei più grandi e lussuosi negozi di Messina
decantato nella mai dimenticata canzone sanremese dei gruppo musicale “I Gens”,
appare all’improvviso come una statua di cera del famoso museo Madame Tussauds di Londra.
Sguardo assente
artatamente lanciato nel vuoto in chissà quale direzione a rincorrere sottane
di belle donne, immancabile maglione dal collo rivoltato – conosciuto come
dolce vita - dal colore sgargiante rosso fuoco, capelli ancora neri, lunghi,
lisci e sufficientemente unti tagliati in due al centro della fronte in discesa
libera verticale sui due lati della testa, e poi, pelle scura – un tempo
perennemente abbronzata - rugosa quanto basta per dare l’idea dell’uomo
“vissuto”, del maschio siculo “travagghiatu”.
E’ proprio lui
l’ultimo latin lover professionista
dell’amore conquistato con un’occhiata languida da pesce lesso, che negli anni
sessanta trascorse più tempo nei locali notturni di Taormina a rincorrere con
riconosciuta maestria femmine d’oltralpe di ogni età e dimensione, che un
operaio della Fiat alla catena di montaggio della popolare automobile 127. Femmine, desiderose di riportare nelle
loro fredde regioni nordiche come souvenir uno scampolo d’amore siculo.
Si muoveva serioso tra i tavoli ed i salottini
della “Giara”, de “Il Sesto Acuto” o del “Tiffany”, con l’aria disincantata da
maschio siculo consumato. Fisico asciutto, andatura lenta e dinoccolata
accompagnata dal movimento ritmato delle braccia che apparivano nell’incedere,
sproporzionate per lunghezza. Con la sigaretta sempre penzoloni, quasi cadente
tra le labbra ben modellate pronte a dispensare soffici baci alle prede di
turno.
Insomma: a cu’ pigghiu pigghiu !
Vita da cani al
Mocambo*. Luogo dove ancora si può individuare, come riconoscimento di lunga
militanza, ritratto al centro della mischia tra volti noti di assidui storici
frequentatori in un grande murales dipinto su un muro del noto locale
taorminese. E’ certamente lui, con i suoi immancabili occhiali Ray ban
riflettenti e con le iniziali JK vergate sul petto della sua divisa d’azione,
il suo maglione dolce vita, nell’occasione giallo canario.
Dispensò
generosamente tanto, ma rimase anch’egli fulminato da cupido, al punto che, per
inseguire l’amore dell’attrice svedese Ewa Aulin prescelta da Tinto Brass per
la pellicola “Col cuore in gola”,
vendette la Fiat 750 azzurra che la madre Rosa Palumbo, vedova di guerra, gli
aveva comprato non senza grandi sacrifici.
Senza successo,
rincorse il perduto sogno d’amore per mezza Europa, ma non gli restò altro da
fare che ricorrere in ultimo, esausto, a massicce dosi di AULIN, questa volta
in bustine, per farsi passare il mal di testa, quando la fine del loro rapporto
pare sia stata decretata, senza appello, in un pub di Stoccolma.
Mocambo - Storico Caffè concerto di Taormina, fondato
nel 1944. Per decenni, punto di riferimento d’incontri mondani a due passi dal
belvedere con il suo affaccio sul magnifico Golfo di Giardini Naxos. Tra gli
ospiti del locale vi furono scrittori, cantanti, attori e attrici, registi,
ballerini e un numero infinito di uomini d’affari di tutto il mondo. Impossibile
elencare tutte le personalità che sono transitate in quel ritrovo, ma
sicuramente è possibile citare Liz Taylor, Antonioni e John Houston, Anna
Magnani, Sofia Loren e Virna Lisi, Ricard Burton, Marcello Mastroianni, Turi
Ferro, Alain Delon, Alberto Sordi, Ben Gazzara e tanti altri. L’elenco sarebbe
infinito.
LA FONTANA DI POZZO LEONE (O DELLE BELLE DONNE) - Nino Algeri
(O
DELLE BELLE DONNE)
Nino
Algeri
Nel
Giornalino del mese di Ottobre 2016 ho parlato della fontana del Lauro la
quale, pur se dimenticata dalle istituzioni e bistrattata dai messinesi, ancora
esiste, anche se un misero troncone.
Ora
desidero parlarvi di una fontana che pur avendo millenni di storia non esiste più, esiste solo il toponimo
LA FONTANA DI POZZO
LEONE
(O DELLE BELLE
DONNE)
La fontana di Pozzo Leone fu così chiamata
in onore del Papa Leone II, il quale è stato pontefice per meno di un anno (dal
17.08.682 al 03.07.683), e possedeva la casa proprio nei pressi di questa
fonte.
Questa fontana si trovava a Messina quasi di fronte al teatro Vittorio
Emanuele sull’attuale via Garibaldi, originariamente si chiamava fonte Zancla,
perché allora la città di Messina si chiamava Zancle.
È una delle fontane più antiche di
Messina, infatti, di essa troviamo tracce addirittura nell’ Odissea di Omero,
quando parla di Ulisse e dei suoi compagni che si fermarono per dissetarsi e
fare rifornimento d’acqua proprio a questa fonte.
Che la nave nel porto
appo una fonte
fermaro, e ne smontaro, e lauta cena
solertemente apparecchiâr sul lido.
Paga delle vivande, e de’ licori
fermaro, e ne smontaro, e lauta cena
solertemente apparecchiâr sul lido.
Paga delle vivande, e de’ licori
la naturale avidità pungente,
risovveniansi di color, che Scilla
risovveniansi di color, che Scilla
dalla misera nave alto rapiti
vorossi, e li piangean, finchè discese
su gli occhi lagrimosi il dolce sonno
vorossi, e li piangean, finchè discese
su gli occhi lagrimosi il dolce sonno
Troviamo ancora tracce di questa
fontana nella leggenda di Cerere la
quale
si riposò e si rinfrescò proprio a questa fonte quando, in giro per il
mondo,
cercava Proserpina (1).
L’acqua
di questa fonte scaturiva da una roccia che si trovava in una grotta e in
questa erano stati fatti dei sedili in modo che la gente dell’epoca potesse
gofere della sua frescura.
QQuando
la città di Messina fu cinta di mura, per potersi meglio difendere dagli
attacchi nemici, si pensò di conservare
la grotta dove c’era la sorgiva mentre venne interrata la parte che sporgeva
sul mare.
Durante
la dominazione aragonese, nel secolo XV, la fonte venne abbellita con dei
sedili di marmo e cambiò nome, venne chiamata: Fontana delle belle donne, forse perché era un luogo dove le belle
donne messinesi
(1) P. SAMPERI,
Iconologia della gloriosa Vergine, Me4ssina 1664 pag .12
andavano
ad attingere l’acqua e potevano fare incontri, così nascevano amori e passioni
(2), ma il toponimo potrebbe essere più antico, in quanto Nausica con le sue
ancelle veniva a questa fonte a lavare i panni e a giocare, potrebbe derivare
da questo il nome Fontana delle belle donne.
Sulla fonte così sistemata, fu posto uno
stemma in cui oltre alle armi della città e a quelle degli Aragona vi era
questa scritta:
Encleadi flammas fugiens per operta viarum
Hic caput atollo ninpha perennis aquae
Cum mea sunsissem venturam ad litora classem
Protinus exilui ninpha latentis aquae
Quando Emanuele Filiberto di Savoia, nel
1622, (viceré di Sicilia) ordinò la costruzione della Palazzata, l’architetto
Gullì murò la grotta e convogliò l’acqua in un serbatoio da dove veniva fuori
mediante cinque bocche di leoni in marmo, da questo momento la fonte prese il
nome di Pozzoleone, come detto prima in onore di Papa Leone II.
Con
il terremoto del 1783 la palazzata crollò e la fonte fu sepolta dalle macerie,
durante la sua ricostruzione l’architetto G. Minutoli progettò il rifacimento
della fonte, ma questo lavoro non fu realizzato.
Il senato Messinese, solo nel 1834, fece
restaurare il Pozzoleone facendolo diventare un portico con colonne, pilastri e
marmi variopinti (3), l’acqua sgorgava da cinque cannule, inoltre una tubatura fu portata fino al mare per
poter rifornire più facilmente le navi.
In una lapide (4) posta all’interno
di questo portico si leggeva:
QUESTO FONTE
DI LUNGA LIMPIDISSIMA VENA
ALL’OSPITE, AL
CITTADINO PERENNE REFRIGERIO
DEL PAPA LEONE II
MESSINESE LIGNAGGIO
POZZO LEONE
APPELLATO
AMMINISTRANDO LA
PROVINCIA
ALESSIO SANTO
STEFANO MARCHESE DELLA CERDA
GENTILUOMO DI
CAMERA DI S. M. (D.G)
FU RESTAURATO E DI
PORTICO FORNITO
PER CURA DI CARLO
CHIARELLO SINDACO
FILIPPO SIRACUSANO
/ GIUSEPPE COLONNE BARONE DI CENTINEO
FRANCESCO BALSAMO
PRINCIPE DI CASTELLACCIO
GIOVANNI MOLETI
MARCHESE DI S. ANDREA
LETTERIO CARSERA
COSTA/ GIUSEPPE LELLA
SENATORI / ANNO MDCCCXXXIV
(2)
G. LA CORTE CAILLER, Il fonte di Pozzoleone, in “imparziale – Messina 1620
(3) LA CORTE CAILLER, Il fonte di Pozzoleone, in
“imparziale – Messina 1620
(4) LA CORTE CAILLER, Idem
Nel
1879 il portico fu chiuso da un cancello e l’acqua dichiarata inquinata.
Come l’araba fenicia la fontana del
Pozzoleone era risorta diverse volte, ma non poté rinascere dopo il cataclisma
del 1908, si salvò soltanto la suddetta
lapide che oggi si trova custodita nel Museo Regionale di Messina.
Nel 1982 sotto la
cavea del teatro Vittorio Emanuele sono state imbrigliate delle acque sorgive
che potrebbero essere quelle della fonte del Pozzoleone (5).
NON DEVI LASCIAR PERDERE … TI DEVI INCAZ… RE - Enza Russo
NON DEVI LASCIAR
PERDERE … TI DEVI INCAZ… RE
Enza Russo
Quando
qualcosa non va, quando qualcuno ti fa soffrire, lascia correre e perdonare
serve a poco. Rassegnarsi di fronte ad una situazione che proprio non ci
scende, ci fa stare ancora più male.
Per
superare la cosa nel modo più giusto possibile per noi stessi e incazzarsi e
forte. Alle volte essere compresivi e lasciar correre non basta per farti
sentire meglio, nella maggior parte dei casi non risolve la situazione.
Basta
sopportare persone che andrebbero mandate a quel paese. Basta giustificazioni
assurde, basta essere tollerante, è il momento di reagire e di far capire
davvero chi comanda.
L’unica persona che possa comandare o
dare ordine nella tua vita sei tu.
Se queste persone ti fanno sentire
male, trattandoti come una seconda priorità, devi urlargli in faccia quello che
senti. Fagli capire cosa meritano veramente, ti farà sentire meglio.
Credimi… stare ad ascoltare le sue
mille scuse.
Quelle
amiche che ti cercano solo quando hanno di bisogno, mettiamole tutte nel
calderone, perché un’amicizia se non è vera ed autentica, non serve neppure per
pulire le scarpe. Liberati da quelle persone che ti stanno fingendo interesse
per te quando alla fine aspettano solo che tu commetta un passo falso per
scavalcarti.
Ricorda
che nella vita la persona a cui dovrai rendere conto sei tu.
Se
permetti agli altri di prendersi gioco di te, finirai col convincerti che
meriti solo quello, e invece no, meriti di meglio, infondo lo senti.
Meriti
delle persone che ti riempiono la tua vita e non persone che la svuotano,
portandoti via dei pezzi.CONOSCERE IL PASSATO PER COSTRUIRE IL FUTURO - Domenico Orifici
CONOSCERE IL
PASSATO PER COSTRUIRE IL FUTURO
Domenico Orifici
Da
alcuni mesi i giovani del territorio che comprende i paesi di Ucria, Sinagra,
Raccuia, Ficarra, Brolo e Sant’Angelo di Brolo si stanno affiatando dando vita
a incontri di vario genere a in particolare per la conoscenza dei centri e
luoghi storici dei paesi, ma anche di quanto offre la campagna con le su
colline, boschi e Panorami che si aprono ai luoghi incantevoli dei Nebrodi.
Con
un manifesto reso noto nei primi giorni di agosto, nel gruppo WhatsApp “terre dei Nebrodi”, è stato stilato un
programma di esplorazioni da realizzare nel territorio dei detti comuni che
prevedeva per il 9 agosto a Ficarra: “una
passeggiata sotto le stelle” con raduno alle ore21 in Piazza Umberto e col
tema “passeggiata letteraria nel centro
storico”; a Sinagra per il 4 settembre: “ ‘Nte vaneddi” urban Trekkng nei vicoli e la storia di Sinagra con
raduno alle ore 9,15 a Piazza Castello; a Ucria l’11 settembre: “ ‘Nte strati di Ucria” passeggiata
storico-culturale nel centro storico con raduno alle ore 17 in piazza
P.Bernardino; A Raccuja il 20 settembre: “
scatti di vita” passeggiata Clikday con raduno alle ore 17,45 in piazza
matrice; a S. Angelo di Brolo il 25 settembre: “passeggiata al tramonto”, suggestioni architettoniche e letterarie
nel centro storico con raduno alle ore 18 in pazza V. Emanuele. Dopo la
realizzazione del detto programma, per la gioventù che vi ha Partecipato, il
territorio non è più un tabù. Fino ad alcuni mesi fa i centri storici erano
semplicemente un ammasso di vecchi vicoli malsani e abbandonati, case cadenti e
malinconici portali che testimoniavano nobili famiglie scomparse, inghiottite
dal tempo.
I
fiumi erano corsi d’acqua che con i temporali s’ingrossavano e straripavano,
minacciando di travolgere le opere che l’uomo aveva con grandi sacrifici realizzato
o, semplicemente, luoghi ove si poteva andare pure a pescare. Le montagne e
colline, semplicemente un capriccio della natura su cui crescevano rovi,
boschi, e dove ci si andava per trascorrere ore di relax. Insomma, il
territorio era qualcosa a se che poco aveva a che fare con la vita dell’uomo.
Il mondo dei giovani era costituito dalle piazze, dove incontrarsi per litigare
sulle partite di calcio o sulla politica, le sale gioco, dove poter trascorrere
il tempo senza annoiarsi, il campo sportivo, le balere o le spiagge del mare;
il resto poteva non esistere, non interessava, non serviva. Forse per effetto
della crisi che attanaglia il mondo, la gioventù si è guardata intorno, si è
accorta che uomo e natura sono due elementi che si completano a vicenda e ha
incominciato a guardare e riflettere sul territorio che lo circonda, su chi
siamo, come viviamo, dove andiamo e da dove veniamo. Si è sentita la necessità
di incontrarsi per conoscere, discutere, progettare Sono così incominciate le
passeggiate per le viuzze dei centri storici alla scoperta del passato, le
passeggiate per i fiumi, i boschi, le colline, i monti alla scoperta del
territorio; quel territorio con cui ci completiamo. Così il centro storico è
diventato storia del passato, un passato di cui siamo figli e da cui riceviamo
il testimone da consegnare alle successive generazioni. Nel centro storico è
scritto il cammino degli antenati: “La
storia è testimone dei tempi, Luce della verità, Vita della memoria, maestra di
vita”(Cicerone - De oratore - 2,36) Dalle conoscenze acquisite, dalla
consapevolezza dei rapporti col mondo che ci circonda, dall’affiatamento che
giorno dopo giorno si matura nelle nuove generazioni, dalla scomparsa di ogni
campanilismo, dovrà nascere il progetto univoco che restituisca al territorio,
i valori e i fini che madre natura gli ha dato: essere la piattaforma in cui
l’uomo deve trovare tutte le risorse necessarie a vivere e realizzare le sue
inventive e i suoi sogni.
Foto: 1 - Rocca San Marco ove nel 1965, nel
corso di scavi della sovrintendenza di SIRACUSA FURONO RINVENUTI SELCI DEL
PALEOLITICO
Foto 2 – portale chiesa della
Madonna della Scala – Ucria
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