martedì 15 dicembre 2015
LIBERTÀ *RANIERI NICOLAI*
Sui
miei quaderni di scolaro
Sul
mio banco e sugli alberi
Sulla
sabbia, sulla neve
Su
tutte le pagine lette
Su
tutte le pagine bianche
Pietra
sangue o cenere
Scrivo il tuo nome
Sulle
immagini dorate
Sulle
armi dei guerrieri
Sulla
corona dei re
Scrivo il tuo nome
Nella
giungla e nel deserto
Sui
nidi, sulle ginestre
Sull’eco
della mia infanzia = RICORDI
Scrivo il tuo nome
Sulle
meraviglie delle notti
Sul
pane bianco delle giornate
Stagioni
“fidanzate”
Scrivo il tuo nome
Su
tutti i miei frammenti d’azzurro
Sullo
stagno sale annaffiato
Sul
lago luna vivente
Scrivo il tuo nome
Sui
campi, sull’orizzonte
Sulle
ali degli uccelli
E sul
mulino delle ombre
Scrivo il tuo nome
Su
ogni folata d’aurora
Sul
mare sulle barche
Sulla
montagna folle
Scrivo il tuo nome
Sulla
schiena delle nuvole
Nei
sudori della burrasca
Sulla
pioggia fitta e sbiadita (pallida)
Scrivo il tuo nome
Sulle
figure scintillanti
Sulle
campane dei colori
Sulla
verità fisica
Scrivo il tuo nome
Sui
sentieri vivaci
Sulle
strade dispiegate
Sulle
piazze che straripano
Scrivo il tuo nome
Sulla
lampada che si accende
Sulla
lampada che si spegne
Sulle
mie case riunite
Scrivo il tuo nome
Sul
frutto tagliato in due
Dello
specchio e della mia camera
Sul
letto, guscio vuoto
Scrivo il tuo nome
Sul
mio cane goloso e morbido
Sulle
sue orecchie rizzate
Sulla
sua zampa impacciata
Scrivo il tuo nome
Sulla
pedana della mia porta
Sugli
oggetti familiari
Sull’ombra
del fuoco benedetto
Scrivo il tuo nome
Sul
vetro delle sorprese
Sulle
labbra attente
Ben
al di sopra del silenzio
Scrivo
il tuo nome
Nei
miei rifugi distrutti
Sui
miei fari crollati
Sulle
mura del mio tormento (angoscia)
Scrivo il tuo nome
Sull’assenza
senza desiderio
Sulla
solitudine nuda
Sui
gradini della morte
Scrivo il tuo nome
Sulla
salute ritornata
Sul
rischio sparito
Sulla
speranza senza ricordo
Scrivo il tuo nome
E con
il potere di una parola
Ricomincio
la mia vita
Io
sono nato per conoscerti
Per chiamarti
>>> Piccoli Geni crescono …. AVETE MAI VISTO UN BAMBINO ALLE PRESE CON UN COMPUTER? * MARIA SCALISI *
Grazie
ad un bambino di soli 12 anni, un figlio di Ucria, “La Cruna dell’Ago – Fondatore
Ranieri Nicolai” ha un’applicazione per
i nostri telefonini, tablet e Iphone.
Molto
semplice, intuitiva e, con un click, immediatamente porta al blog e ai vari
social de “La Cruna dell’Ago”.
Aimè,
però la burocrazia ci ha fregati ed ancora non è scaricabile… questione di ore.
Pazientiamo
un po’…
INNO DI UCRIA * NINO RIGOLI *
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* NINO RIGOLI *
Ecco l’inno per la squadra di Ucria..
Cercatemi su youtube
I BISCOTTI I RANNAZZU – I BISCOTTI D’ABATIA – I BISCOTTI CA SUGNA – I BISCOTTI CU LEVUTU * SALVATORE RUSSO *
D
|
opo il
trasferimento ad Ucria, negli anni ’60, si iniziò la produzione dei biscotti
d’Abatia, chiamati ad Ucria in vari modi:
i biscotti i Rannazzu, i biscotti ca sugna, i biscotti cu levutu.
Ricetta data nel ’49 da una
anziana signora del tempo che lavorava in un convento di Randazzo, dove
producevano questi Biscotti, ritenuti tipici della zona.
Gli ingredienti sono:
·
5 kg di
farina;
·
1 kg di
zucchero
·
500 g di
strutto (a sugna);
·
200g di
lievito naturale (u ripigghiaturi).
Si inpasta u
ripigghiaturi con 800 g di farina e acqua; l’impasto deve venire molto liquido,
e, secondo la stagione della produzione, (in inverno anche 24 ore, in estate
bastano anche 4 ore), si fa lievitare.
Passate le ore della lievitazione si uniscono gli ingredienti, farina,
zucchero e strutto e si lavora bene la pasta. Se la si impasta con le mani, si
deve “scanaliare” bene, la pasta dei biscotti deve essere ben lavorata, non
deve avere grumi, deve essere omogenea e molto morbida.
Si fanno le forme dei biscotti, solitamente leggermente ad “S”, si
adagiano in un ripiano e si fanno nuovamente lievitare.
Anche in questo caso in inverno occorrono anche 20 ore di lievitazione
mentre in estate molto meno.
Una volta lievitati i biscotti, si infornano per una cottura di circa
mezzora.
Appena cotti, mangiarli.
LA MIA AVVENTURA CON LE API * Peppino Marcantone *
Un
giorno, chiacchierando con degli amici, seppi che ad Ucria si sarebbe tenuto un
corso di apicoltura. Lì per lì non ci feci attenzione finché non mi chiesero se
lo volessi frequentare.
Un
po’ titubante, dissi di sì.
La
prima sera fu una noia terribile, a poco a poco, invece, mi appassionai.
Finito
il corso, comprai tre famiglie di api dando così inizio alla mia avventura.
Incominciai a produrre
miele.
L’apicoltura
fatta con passione è qualcosa di magico.
Adesso, io e la mia famiglia produciamo miele
assolutamente naturale.
Nelle
nostre zone, sui monti Nebrodi, si produce un ottimo miele di castagno,
millefiori e di agrumi. Non essendoci altre fioriture, vengono prodotte piccole
quantità di altri mieli (eucalipto, acacia, cardo).
Il
nostro miele viene estratto per forza centrifuga e non viene sottoposto ad
alcun trattamento termico. Gli alveari non vengono trattati con prodotti
chimici.
Forse
pochi sanno che il miele è un prodotto naturale al 100% e che può essere
assunto da tutti, dai bambini e dai diabetici, essendo costituito da zuccheri
semplici (fruttosio).
|
Come trovare i miei antenati? *Valentina Faranda*
Sono domande che tutti ci poniamo in momenti precisi della
nostra vita. Sono domande alle quali, probabilmente, non daremo mai una
risposta, se queste riguardano il senso profondo e nascosto della nostra
esistenza.
Ma se non è possibile avere alcune risposte tuttaviapossiamo
conoscere le nostre radici, stringere la mano ai nostri avi e conoscere chi
siamo.
Si tratta di una ricerca parecchio difficile e anche lunga.
Già nell’antichità
era in uso la pratica di scrivere genealogie. Spesso si trattava di scoprire
legami parentali, le cui ricerche portavano a divinità; basti pensare che la
Gens Julia vantava la sua discendenza da Iulo o Ascanio, il figlio di Enea,
figlio a sua volta della dea Venere, ricollegando la gens ad una importante
divinità.
Oggi con l’istituzione degli archivi storici e il grande
aiuto della rete è possibile semplificare le nostre ricerche.
Punto di partenza è il cognome, o "casato", che
indica i discendenti di un’unica famiglia. La nostra caccia prevede in primis
l’accesso agli uffici di stato civile del comune di appartenenza. Qui sono
custoditi i dati dei cittadini e dei loro ascendenti. Inoltreesistono gli
archivi di stato che conservano gli atti anagrafici di tutti i cittadini e nei
quali si può richiedere un certificato storico.
La ricerca dei dati anagrafici di una persona deve partire
da riferimenti geografici, di tempo e di relazione parentale (genitore,
coniuge, figlio), procedendo a ritroso. È sempre consigliabile iniziare le
ricerche dall’archivio del Comune di origine.
Per il periodo antecedente al 1° settembre 1871 è necessario rivolgersi
alla parrocchia poiché le funzioni di Ufficiale di stato civile erano espletate
dai parroci, titolari delle scritturazioni e della conservazione dei registri
dei battezzati, matrimoni, morti e stati d’anime dalla seconda metà del
Cinquecento, a seguito delle disposizioni del Concilio di Trento.
Per chi volesse una scorciatoia, oggi, è possibile sfruttare
la potenza del Web. Esistono infatti vastissimi database online, come
FamilySearch, MyHeritage o Ancestry, in cui gli utenti immettono i dati delle
proprie famiglie per creare degli “alberi genealogici pubblici” e trovare
avi/parenti da tutto il mondo. Grazie a questi dati chiunque può rintracciare i
propri avi consultando cognomi, casati, date di nascita, foto ed anche
documenti.
Ci sono domande sulla nostra esistenza a cui, forse, non
risponderemo mai. Magari non capiremo mai lo scopo delle nostre vite ma ci sono
domande su noi stessi a cui, invece, possiamo rispondere con qualche aiuto e tanta
pazienza.
La ricerca del “chi” ha messo del suo, anche solo per un
fattore genetico, nel renderci chi siamo è divertente e intrigante perché è
vero che la nostra vita è proiettata verso il futuro ma è anche vero che c’è un
enorme fascino nel nostro passato.
IL PARCO DEI NEBRODI * ROSALBA PALADINA *
Il parco dei
nebrodi è stato istituito il 4 agosto 1993; con i suoi 86.000 ettari è il più
grande parco siciliano. I comuni del parco sono 23 di cui 18 in provincia di
Messina (Acquedolci, Alcara Li Fusi, Capizzi, Caronia, Cesaró, Floresta, Galati
Mamertino, Longi, Militello rosmarino, Mistretta, S. Agata Militello, S. Domenica
Vittoria, S. Fratello, S. Marco D'alunzio, S. Stefano Di Camastra, S. Teodoro,
Tortorici Ed Infine Ucria), 3 in provincia di Catania e 2 in provincia di Enna. Quello dei Nebrodi è un territorio
sorprendente: ha ricchi boschi suggestivi, silenziosi laghi e torrenti fluenti
e ampi verdi pascoli d'alta quota che contrastano con l'immagine più comune di
una Sicilia arida ed arsa dal sole. Il piano Mediterraneo è caratterizzato
dalla tipica macchia mediterranea sempreverde, ove predominano l'Euforbia, il
Mirto, il Lentisco, la Ginestra e dove si riconoscono elementi arborei a foglie
strette quali il Corbezzolo, la sughera e il leccio.
I Nebrodi (il
cui nome deriva dal greco Nebros che vuol dire cerbiatto) costituiscono ancora
la Sicilia più ricca di fauna. Grazie alla sua alta varietà
ambientale, il Parco ospita comunità faunistiche ricche e complesse:
numerosi mammiferi (Istrice, Martora, ghiri) i Rettili e gli anfibi, ingenti le
specie di uccelli nidificanti e di passo, eccezionale il numero degli
invertebrati.
Sui Nebrodi sono stati classificati circa 150 specie di uccelli: le zone aperte ai margini dei boschi offrono ospitalità a molti rapaci come il Nibbio reale ed il falco Pellegrino, mentre le zone rocciose aspre e fessurate delle rocche del crasto sono il regno dell'aquila reale e del grifone.
La millenaria civiltà dei contadini e dei pastori dei Nebrodi si riflette in numerosi produzioni artigianali. I prodotti alimentari trovano la loro massima espressione in quelli caseari: il dolce o piccante canestrato, il gustoso pecorino, la profumata provola e la delicata ricotta vengono, ancora oggi, lavorati dalle sapienti mani dei pastori. Rinomati i salumi ottenuti con le carni dei suino nero dei Nebrodi; la produzione di olio d'oliva, nocciole, pistacchio e frutti di bosco sono pregiati.
La cucina è sobria ed essenziale e riserva sapori antichi (maccheroni fatti a mano, castrato alla brace, capretto al forno).
Sui Nebrodi sono stati classificati circa 150 specie di uccelli: le zone aperte ai margini dei boschi offrono ospitalità a molti rapaci come il Nibbio reale ed il falco Pellegrino, mentre le zone rocciose aspre e fessurate delle rocche del crasto sono il regno dell'aquila reale e del grifone.
La millenaria civiltà dei contadini e dei pastori dei Nebrodi si riflette in numerosi produzioni artigianali. I prodotti alimentari trovano la loro massima espressione in quelli caseari: il dolce o piccante canestrato, il gustoso pecorino, la profumata provola e la delicata ricotta vengono, ancora oggi, lavorati dalle sapienti mani dei pastori. Rinomati i salumi ottenuti con le carni dei suino nero dei Nebrodi; la produzione di olio d'oliva, nocciole, pistacchio e frutti di bosco sono pregiati.
La cucina è sobria ed essenziale e riserva sapori antichi (maccheroni fatti a mano, castrato alla brace, capretto al forno).
L’ENERGIA PULITA E LE RETI INTELLIGENTI DELLA CITTÀ IDEALE *Achille Baratta*
*Achille Baratta*
F
|
ermarsi ai fiori è
certamente troppo poco, occorre solo oltre lo stretto e togliersi i paraocchi
culturali e scegliere un altro punto di vista che ci liberi dalla cancrena
delle discariche e dei relativi intrallazzi e ci faccia capire i vantaggi
diretti e indiretti del nuovo modo di fare urbanistica che oggi non può più
essere una scienza di pochi ma deve coinvolgere altri settori per dare una
nuova linfa ai nostri centri abitati in piena libertà conoscitiva.
In Italia i tagli
retroattivi e improvvisi hanno messo in ginocchio la nascente industria
dell’energia pulita. Nel 2014 c’è stato un calo del 71% per cento degli
investimenti in rinnovabili con crollo occupazionale.
Positivo invece il
trend nel settore degli imballaggi. L’aggiornamento del rapporto di
sostenibilità del Conai, il consorzio del settore (elaborato con l’approccio
metodologico del Green Economy Report), testimonia che nel 2014 il recupero e
l’avvio a riciclo degli imballaggi ha generato benefici economici diretti per
891 milioni di euro. Inoltre il riciclo e recupero degli imballaggi ha
consentito nel 2014 il risparmio di 3,3 milioni di tonnellate di materia prima.
A Milano la
differenziata è al 67%, infatti in sei mesi l’Expo ha prodotto una montagna di
rifiuti, che sono stati raccolti e trattati in modo differenziato. L’Amsa
(Azienda milanese servizi ambientali) ha infatti usato per il sito
dell’Esposizione il metodo utilizzato in tutta Milano.
Conai ha invece
messo a punto un “contatore ambientale”
che è stato installato per valutare i benefici derivanti dalla corretta
gestione della spazzatura. Secondo i dati aggiornati al 15 ottobre, la
differenziata all’interno dell’area espositiva ha raggiunto quota 67%, evitando
l’emissione di 285 tonnellate di Co2 e consentendo il risparmio di 44.700 metri
cubi d’acqua e di 4 milioni di kwh di energia elettrica. I rifiuti riciclati
nei primi quattro mesi hanno, inoltre, permesso di produrre 213.426 felpe in
pile, 2.230 panchine in plastica, 51.594 chiavi inglesi, 2.495 caffettiere in
alluminio, 2.321 armadi in legno, 5.205.363 scatole per scarpe, 1.310.716
bottiglie in vetro e 171 tonnellate di compost. Ma c’è chi per vivere meglio
propone le reti intelligenti della città ideale, ecco quello che scrive Laura Montanari su La Repubblica.
“Lampioni che si caricano con la luce solare,
strade che si illuminano senza bisogno di elettricità, telecamere a basso
costo, droni per il monitoraggio del traffico o delle frane. La città digitale
è un laboratorio delle meraviglie, un cantiere aperto, andare in bicicletta per
lunghi tratti su piste ciclabili collegate, camminare su superfici che riducono
il rumore. «Le smart city sono mirate a una sostenibilità che va in tre
direzioni: ambientale, economica e sociale». spiega Gian Marco Revel, docente
di ingegneria all’Università Politecnica delle Marche. «Sono un concetto ampio
e complesso perché toccano il Dna del vivere urbano». E puntano tutto sulla
tecnologia per sciogliere i nodi, dal traffico alla raccolta dei rifiuti, dai
parcheggi al trasporto pubblico e per offrire soluzioni che migliorino la vita
dei cittadini.
Si potrebbe
protrarre questa tematica sociale ed economica all’infinito, ma il vero
problema è portare fuori dai recinti delle professioni queste argomentazioni che
non sono certamente di settore. Dobbiam cambiare canale con i fiori e col
riuso, invece di giocare a nascondino, affrontiamo i problemi da un nuovo punto
di osservazione che potrebbe essere anche Ucria.
Ma il trend
nord-sud aumenta ancora ma noi non siamo italiani? O semplicemente i neri
annacquati d’Italia!
NELLA NOTTE DI SABATO 6 GIUGNO 1682 *LUIGI PINZONE *
Nella notte di sabato 6 Giugno 1682 si abbattè su
Tortorici e paesi circonvicini uno spaventoso nubifragio la cui memoria è
ancora bene impressa nell'immaginario collettivo della gente anche ad Ucria.
Mastro Domenico Lionetto (DuminicuLiunettu della terra di Castania di Capo
d'Orlando) scrisse Canzunetti Siciliani dell'Inondazioni chi successi nella
Vittoriosa Città di Tortorici, e confini alli sei di Giugno 1682 ovvero "
'U dilluviu di Turturic"i di cui mi piace ricordare qualche verso che riguarda
il nostro paesello: "A li setti di giugnu a la matina s'asciaru li
Criotisdisulatisissantaquattru casi e du' mulina tutti chini di genti, e
nutricati, ma commuvosì la buntà divina di luSignuri di la Pietati,
benchìappiru di robba la ruìnanun ci fu dannu di genti annigati."
Come si vede a Ucria i danni furono limitati ma:
"Fu a Turturici la prima rujìna, chi persi
quantuperdiriputìa. Lu secunnufracassu di sta china l'appi la
sfurtunataCastanìa.... .... S'appi dannu Sinagra, o puru Ucria, Rannazzu, Castigghiuni,
e FrancavigghianuncommuTurturici e Castanìa, chi di lumunnu su' la
maravigghia..."
"'U dilluviu di Turturici" è stato riedito nel 1982 a
cura del prof. Sebastiano Franchina. di Tortorici. Luigi Pinzone..
Poesia La Nascita Du Bambineddu * ANTONINA MARIA ORIFICI *
Il
natale non e' un giorno qualsiasi, e' un cammino di vita e un modo di vivere
con gli altri, camminare insieme a loro, con attenzione, rispetto, amore e dono
del nostro tempo che e la cosa piu' preziosa. Non tutto quel che luccica fa
Natale. A volte basta un gesto per far brillare il cuore di qualcuno.
Auguri
di bun natale a tutti e buone feste.
Poesia
La
Nascita Du Bambineddu
Quannu
'nta tuttu lu munnu si sparsi la nutizia c'avia nasciutu Lu Bambineddu
Gesù.
Tutti partirunu pi ci purtari duni: Lu
Picuraru ci purtau na fascedda china di ricotta,
la lavannaraci purau i panni i e tutti
l'autri pirsuni tanti cosi.
I Tri Re Magi di l'oriente, Li Re Magi
purtarunu unu oru,
l'autru incenzu
e l'autru mirra.
Chi Gioia, Gesù Chi Nasci porta vita e
spiranza a tutti.
U Natali e unu spettaculu prufundo di
cori di culuri chi unisci genti di tuttu lu munnu.
IL NATALE NELLA TRADIZIONE DI PALERMO … E NON SOLO - Salvatore Lo Presti -
Il Natale nella tradizione di
Palermo … e non solo
- Salvatore Lo
Presti -
Voglio
cominciare questo mio articolo, rivolgendo i miei più sinceri e affettuosi auguri di buone feste a tutti, e con l’auspicio
che le feste che si prospettano dinanzi a noi, possano portare serenità e
felicità, perché, in un periodo storico dove si stanno mettendo in discussione
le tradizioni, le nostre tradizioni,
( le quali, vogliamo o non vogliamo ammetterlo, ci hanno permesso di arrivare
dove oggi siamo ), e dove spesso la paura prende il sopravvento sulla ragione ( unico motivo per cui l’essere
umano è superiore alle altre creature presenti sul nostro pianeta ), si possa
continuare invece a tramandare le tradizioni, che tanto ci hanno insegnato, e
ancora ci insegnano. Tradizioni che devono servire non soltanto da pretesto per
cercare di pretendere dei diritti, ma che devono soprattutto servire per farci
capire da dove veniamo. Perché si può guardare con fiducia al futuro solo ed
esclusivamente se si ha la consapevolezza del nostro passato.
In
questo articolo, parlerò del Natale, di come esso veniva vissuto a Palermo nel
XIX secolo, riportando quello che sul Natale racconta un libro da me letto
recentemente, ovvero “La
Conca D ’Oro, Guida Pratica di Palermo” per
Enrico Onufrio, libro edito a Milano dai Fratelli Treves, nel lontano 1882.
Il
presente libro, è diviso in 4 parti, la prima parte riguardante la città, la
seconda parte sulla vita dei cittadini palermitani e sulle loro abitudini, la
terza parte riguarda la spiegazione di alcuni dei monumenti di Palermo, e
l’ultima parte, la quarta, sui dintorni.
Quello
che io riporto è inserito nell’undicesimo capitolo della seconda parte, che lo scrittore così comincia:
“Tutte le feste e le festicciole popolari, tranne il
carnevale, hanno un carattere religioso; cioè, intendiamoci bene, la religione
è un pretesto, un santo pretesto che serve a salvar le apparenze; ma lo scopo
vero, ultimo, reale, è quello di far baldoria, e di gozzovigliare. Ne volete un
esempio? Non c’è festa religiosa in Palermo, che non abbia il suo manicaretto,
il suo dolciume occasionale. Lo sentirete
adesso che, a cominciar dalla Pasqua, vi andrò discorrendo brevemente
delle varie solennità… chiamiamole pure religiose.”
Questa
introduzione da parte dell’autore basterebbe, o quantomeno dovrebbe bastare, a
far capire a tutti noi, come la religione, in ogni tempo, non è stata solamente
un elemento che ha condizionato la vita di noi esseri umani, ma al tempo stesso,
è stata utilizzata per poter avere attimi di svago e di libertà dalla normale
routine quotidiana, e che quindi chi oggi cita la religione come unica causa
per lo stato di arretratezza della nostra terra ( dove per terra intendo non
solo la nostra Regione, ma l’intera Nazione ), dovrebbe riflettere, fermarsi
davanti un tavolo, aprire un qualsiasi libro, indipendentemente tratti di Storia dell’Arte, di Storia, o ancora anche
un semplice romanzo, e dopo averlo sfogliato, domandarsi cosa sarebbe oggi
l’Italia, senza la religione.
Passo
adesso a riportare quello che l’autore scrive sul Natale, e su come questo era
vissuto alla sua epoca, dai suoi compaesani palermitani:
“E adesso entriamo un pochino
nell’ambiente allegro del santo Natale; facciamo un po’ risplendere la gaia
fiamma del ceppo.
Eppure, ve lo dico fin da principio, di
ceppo e di fiamme in Palermo non bisogna parlarne, per la ragione semplicissima
che ci bastano le fiamme del sole a riscaldarci; sicchè il camino, nelle nostre
abitazioni, è raro come un cameo greco; lo spazzacamino poi è un animale che
non appartiene alla nostra fauna.
Torniamo dunque al Natale, ovvero alla
gastronomia natalizia, perché tutti i salmi finiscon in gloria e non c’è festa
senza farina. Ebbene: il panettone a Milano non assume in quei giorni le
proporzioni d’un monumento? e il capitone a Napoli? e il pan pepato altrove?
Perché dunque non debbo dirvi due parole della nostra mustazzòla? Statemi quindi a sentire, e compatitemi se son
costretto a fare per un istante il sapiente.
Voi lo sapete: ai tempi che il mondo si
chiamava romano, c’erano le feste di Saturno, e tali feste si celebravano il 25
dicembre, che rappresentava allora il Natale dell’anno, vale a dire subito dopo
il solstizio d’inverno.
Ebbene, tra le vivande rituali di quella
festa, ci erano i mustacca, che sono
i mostaccioli o mustazzoli d’adesso
fatti di farina e miele. Non vi commovete al sentire tutte queste belle cose?
Per lo meno noi palermitani possiamo affermare che in fatto di mostaccioli non
abbiamo tralignato dai nostri padri; eppoi queste offerte di farina e miele non
vi ricordano gli antichi e semplici riti del culto pagano, e salendo su su fino
ai nostri primi atavi della valle
dell’Oxus, non vi ricordano il sacerdote aryano, là, nelle fertili regioni
dall’Eptasiuda, che, su la vetta d’un colle, dinanzi a un rozzo altare, offriva
il biondo miele e la candida farina al dio della luce e al dio delle tempeste?
Auf! la sapienza è sfumata; tutto quello
che sapevo l’ho detto.
Passiamo oltre. Di che cosa debbo
parlarvi?
Del natale, vale a dire di Gesù bambino, del bue e dell’asinello;
ed ecco un presepe già bello e formato. E i presepi da noi, in tali giorni di
feste, sono assai in voga; i bambini specialmente ne vanno matti. Con dei pezzi
di sughero formano una grotta, e poi comperano dei pastorelli di creta, che qui
si vendono a due centesimi l’uno. In mezz’ora è composto tutto lo scenario: in
fondo la grotta con dentro Gesù coi piedi e le mani per aria, accanto a lui, a
destra e a sinistra, il bue e il somaro che lo fiutano avidamente; un po’ più
da canto la madonna per lo più ginocchioni, e San Giuseppe con un nodoso
bastone in mano. Verso la grotta s’incamminano dei pastori, recanti con sé
delle offerte, come a dire agnelli, ricotte, formaggi; qua e là poi, per la
scena, si vedono una mandra con rispettiva caldaia in funzione, una cascina, un
tugurio, degli alberi, una collina, un prato, e così di seguito tutto ciò che
di bello presenta la campagna. Questo è il presepe che metton su i bambini, e
se ne stanno per delle ore contemplandolo a bocca aperta.
Vi piace tutto ciò? è simpatico? è
grazioso? è gentile? è Arcadia insomma o non è Arcadia? Aspettate, che di
cotesta Arcadia debbo ancora disegnare
l’ultima scena.
State a sentire: una delle più inveterate
abitudini delle feste natalizie in Palermo è il giuoco d’azzardo; e non c’è riunione elegante, non v’è circolo,
dove per nove o quindici giorni di seguito non si studi la scienza positiva
della bassetta, del lanzichenecco e del macao. Nelle case della piccola
borghesia si giuoca per soldi e magari per centesimi, ma nei circoli e nelle
case signorili le centinaia e le migliaia si dileguano come in acqua la spuma.
È per questo che, in quei giorni, uscendo la mattina di buon’ora a respirare un
po’ d’aria, boi incontrate delle facce livide di fatica e di rabbia, delle
persone prostrate dalla stanchezza e dal sonno, e che, rimaste in debito di
grosse somme, van cercando il modo di riparare al danno. È in tale occasione
che si compiono delle stupende operazioni al cento e magari al duecento per
cento, e chi si frega le mani è quel brutto rettile dagli occhi di falco che si
chiama usuraio.”
Nonostante
il libro parli e racconti di una Palermo che oggi, per moltissimi aspetti non
c’è più, molte delle cose che sono raccontate in questo libro in occasione
della festa del Natale, personalmente io le ricordo. Non pensiate adesso che io
sia pazzo, con la mia ultima affermazione, voglio solo dire, che quando io ero
bambino, non molti anni fa insomma visti i miei 26 anni, nel mio quartiere, con
mio fratello, Luca, Claudio e tutti gli altri bambini presenti nella mia zona,
ci siamo ritrovati spesso e volentieri ad allestire il presepe, e, come noi
facevano gli altri bambini in ogni altro quartiere del paese. Ancora oggi,
nonostante nel nostro paese i bambini comincino a essere sempre meno, ogni anno
i presepi non smettono di essere presenti.
Da
noi, i mustazzoli non sono presenti, ma comunque anche da noi è presente una
pietanza che ogni anno viene preparata nel periodo natalizio, ovvero le “Crispedde”, sapientemente descritto da
Marco Ferro in un articolo lo scorso anno nel medesimo giornalino.
Un
altro aspetto che ahimè è facile riscontrare anche nel nostro comune è il gioco
d’azzardo, dove in molti ogni anno, nel periodo natalizio si ritrovano per
giocare, e se è pur vero che ognuno con i propri soldi può fare quello che
vuole, è vero anche che quando si gioca mettendo in palio denaro c’è chi vince,
solitamente sono pochi, se non uno solo, e c’è chi perde, la maggioranza di
quelli che giocano, e talvolta chi perde mette in difficoltà intere famiglie.
Per questo colgo anche l’occasione per invitare tutti voi a non giocare, o, a
giocare in maniera responsabile, perché il termine gioco è qualcosa che
dovrebbe essere visto come positivo e non dovrebbe in nessun caso essere visto
come un modo per aumentare il grano che ognuno, chi più e chi meno, ci
ritroviamo in tasca. Insomma, giocare si, ma per divertirsi e per stare tutti
assieme in armonia.
A CONA di Nino Algeri
A
CONA di Nino Algeri
Ô Santu d’Assisi, ô povvureddu,
Va ’u meritu d’un tesoru beddu,
Chi tutti si
misunu a cupiari,
p’’a nascita d’’u Signuri
festeggiari.
Iddu ’u presepiu, pi prima, fici,
lu munnu interu
lu benidici.
A tutti i banni
, cu carchi varianti
si fa ’u presepiu, e si ntonanu canti.
Cona ’nto Missinisi venia ditta,
na nicchia con
cannistru a navetta,
cunzata cu
fogghi d’aranci e di lumia
sparaciu niuru
e biancu, puru. si mittia.
C’’a mattula supra stu virdi jittata
Si dava
l’impressioni d’una nivicata.
Sta nicchia
vinia assai abbillita
Cu aranci,
mannarina e cutugnata.
Si mittiunu,
puru, nuci e nuciddi
Pi fari
piluccari ’i cchiu picciriddi.
Cu novi
cannili, puru, era parata,
d’’a nuvena, una, pi ogni jurnata.
’U ciaramiddaru c’’a sò ciaramedda
dava alligrizza
a sta conicedda.
Pi tradizioni ’u presepiu era chistu,
A mezzanotti
nascia Gesù Cristu
’nta stu cannistru a forma ’i manciatura
chinu di
pagghia spinusa e dura.
4° classificato concorso
Fra Urbano della Motta ( Motta Camastra)
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