* Angela Niosi *
Faccia larga, ornata da screpolature
di rughe che partivano dal bivio degli occhi; occhi scuriti dalla vita e dal sole dei campi, occhi assottigliati, per
non voler vedere troppo.
Bocca
lunga ma con poco spessore, forse consumata nel tempo per le imprevedibili
risate e le troppe parole dette.
Un corpo quadrato, immaginato sotto abiti che la coprivano
fino ai piedi, abiti morbidi e rilassati impregnati degli odori di cucina.
Grandi
mani, capaci di trattenere il mondo, mani che quando ti accarezzavano
sentivi il calore dell’estate sulla pelle.
In testa, un miscuglio di capelli
disegnati in bianco e nero, trattenuti
da un tuppo che si faceva sempre più piccolo.
Incuriosivano i piedi di cui si
conosceva solo la parte iniziale perché l’abito lungo li copriva ma già capivi
che dovevano essere di misura larga.
Tutto era largo in lei, la corporatura, la risata, la saggezza, quel
suo modo di essere ottimista senza neanche saperlo, il suo cuore .
Mi incantavo guardando le sue grandi
mani mentre impastavano il pane, con movimenti rotondi, geometricamente
perfetti, o quando raccontava grosse
bugie osservando i miei occhi creduloni;
lei rideva, mostrando la parte di
denti sopravvissuti e mi diceva ”babba e tu ci cridi?”
Larga
era la sua voce, aveva la capacità di espandersi nell’aria e la sentivi
anche da lontano quando ti chiamava per informarti che era pronto il minnittu e che se non ti sbrigavi,
se lo mangiava lei.
Largo era il suo cuore quando ti
preparava quelle merende esagerate … grandi fette di pane di casa con
sovrapposizioni di melanzane sott’olio, olive e spessi strati di formaggio e
pretendeva che dovessi mangiare tutto perché “qui non si sparda niente”.
Fu proprio a causa di quella sua
larghezza che, quando se ne andò per sempre, senza neanche salutarmi, avvertii il vuoto, quel vuoto che occupò
il suo spazio ma che lei riusciva ancora a penetrare facendoti sentire la sua
presenza.
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