IMPRESSIONI
* Valentina Faranda *
Viviamo
in un mondo che si muove velocemente, così tanto velocemente che spesso non
attribuiamo valore a ciò che facciamo.
Negli ultimi vent’anni, in modo
particolare, il mondo si è messo a
correre per raggiungere un traguardo invisibile o mobile, cambiando in
relazione alla nostra volontà.
Quando io ero piccola, non a tutti i
ragazzini erano permessi i cellulari. Il computer era quella grossa scatola
grigia che non potevi portare ovunque a meno che non avevi una scrivania con le
rotelle sotto … Non c’erano facebook, wattsup, tumblr o twitter.
L’uomo è per sua natura un essere
incompleto. Da quando nasce a quando muore ha il costante bisogno di
modificarsi e di modificare il mondo intorno a sé, per renderlo più comodo, più
interessante o semplicemente per avvicinarlo a quel sogno impossibile di quando
era ragazzino.
Nella maniera più assoluta sto
dicendo che il mondo si è capovolto e, di certo, io non mi sento Martin Mcfly,
trascinato da un secolo all’altro, da un giorno all’altro; ne tanto meno Bruce
Willis in L’Esercito delle dodici scimmie. Non credo ci sia bisogno di un ritorno al passato per migliorare
il futuro.
Io sono cresciuta di pari passo con
le nuove tecnologie; le ho viste espandersi senza nemmeno rendermene conto. Ho
visto il mio cellulare cambiare da un decennio all’altro, diventare da più
grande a più piccolo per poi divenire più sottile e liscio. L’ho visto
riempirsi di tante piccole figurine che oggi noi chiamiamo “applicazioni”, ho
parlato con persone che vanno a lavoro quando io vado a dormire e ho scoperto
di poter guardare una serie tv in contemporanea con gli U.S.A (seppur in ore
poco comode).
Oggi parliamo di un mondo in cui le
distanze, se ancora non completamente distrutte (non esiste ancora il teletrasporto, vero?), sono comunque
aggirabili, in maniera importante.
Fino
ad alcuni anni fa ci mettevo una notte per lo streaming di un film, adesso solo
il tempo di cercarlo e lo sto già vedendo.
Questo mondo è il mio mondo perché
io sono cresciuta assieme a lui ma di certo è un altro per gli anziani che
hanno fatto la guerra. Loro sì che si sentono tutti dei Marti Mcflay,
catapultati in un epoca che è davvero tanto diversa da quella in cui sono
cresciuti.
Eppure,
talvolta, capita che io stessa mi senta in Ritorno al Futuro parte 4, meno gli
skateboards volanti.
Mi capita quando incontro bambini ai
quali non si leggono più favole, uomini e donne che non dichiarano i loro
sentimenti se non attraverso smiles, amici che si confrontano solo con post, bulli
che feriscono con le parole vittime di cui non hanno mai sentito la voce, paesi
che si annientano con guerre mediatiche…per arrivare a uomini che rivendicano i
loro crimini sul webcome fossero imprese eroiche. Ecco, questa è l’altra faccia
del mondo di oggi, l’incubo che l’uomo aveva da ragazzino.
Non sto dicendo che il mondo si deve
cambiare e che dobbiamo spegnere gli interruttori alla tecnologia. No, anche
perché la storia ci insegna che l’inumano fa parte dell’individuo esattamente
come l’umano, che per ogni cosa brutta ce ne sarà sempre una buona, che per
tutti gli amici che si separano perché non si riconoscono più in quelle foto
postate ce ne saranno altri a trovarsi proprio grazie a quelle foto postate.
Non
è un crimine l’utilizzo di un social, io stessa non potrei farne a meno, per
molte ragioni.
Quante volte queste novità sono
state d’aiuto nella vita di tutti i giorni, anche per le questioni più stupide
come la ricerca di una via in un nuovo paese…una volta si doveva chiedere alla
gente per strada o si necessitava di
mappe di ogni città in cui si soggiornava. Adesso per ogni evenienza c’è Google Maps.
La mia mente viaggia ormai con la
stessa velocità del mio tempo e rido al pensiero di mio padre, per cui facebook
e twitter sono gli skateboards volanti, “non mettiri nenti supra a internet chi
i viduno tutti”… e poi penso che io ho sentito persone definirsi nei modi più
coloriti e svariati senza nemmeno conoscersi, solo perché avevano opinioni
differenti.
Il punto focale di questa riflessione,
forse anche troppo incasinata per essere compresa, è che il cambiamento della
nostra era ha incredibilmente influenzato il nostro modo di esprimerci come
esseri umani. Il nostro modo di vedere
il mondo è rivoluzionato. Siamo tutti un po’ più adulti e meno sorpresi.
C’è stato un tempo in cui eravamo
come bambini di fronte ad un gelato, in cui ogni cosa ci suscitava una forte
emozione, ogni cosa un continuo stupore.
Certe volte osservo la gente e la
sento quasi satura di emozioni, raffreddata; nei gesti, nel coraggio di
dichiararsi apertamente, nel provare rimorso o compassione, nella capacità di
sognare e soprattutto di sorprendersi, nel bene e nel male.
Non si tratta di polemizzare o di
analizzare i buoni e i cattivi aspetti del mondo contemporaneo. La mia è solo
la riflessione, frutto, probabilmente, dello stress da studio sull’abbandono
cuneiforme e l’adozione dell’alfabeto, con l’aggiunta di un po’ di teoria dei
mondi possibili e per finire le pagine de
Il Piccolo Principe. Ma il punto è che è solo questo, un caos di
sensazioni contrastanti e confuse alla ricerca di un ordine.
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