DELL’INSEGNAMENTO DELL’EDUCAZIONE CIVICA NELLE
SCUOLE
Giovanni Rigoli
Desidero sottoporre
all’attenzione dei lettori del “ La Cruna dell’Ago” una questione che mi sta
molto a cuore: l’insegnamento dell’Educazione Civica nelle scuole. Spero di
sbagliarmi, ma credo che non esista una cattedra relativa unicamente
all’insegnamento dell’Educazione Civica e del Diritto Pubblico e
Amministrativo. Negli Istituti Tecnico
Commerciali si insegna il Diritto, ma
non ha nulla a che vedere con l’insegnamento dell’Educazione Civica; nei Licei e nelle altre scuole secondarie non si
insegna Educazione Civica, fatto salvo qualche sporadico caso dovuto alla buona
volontà di docenti particolarmente sensibili, generalmente sono professori di
Storia e/o Filosofia che dedicano all’Educazione Civica qualche ora del loro
insegnamento, mentre studiare e capire il complesso funzionamento dell’Amministrazione
Pubblica con i suoi giochi di pesi e contrappesi è tutt’altra questione. Pur riconoscendo
quanto sia lodevole l’impegno di quei professori illuminati che per conto loro prendono
l’iniziativa di sviluppare nei loro programmi scolastici argomenti relativi
all’Educazione Civica, resta comunque
necessario il bisogno di istituzionalizzare tale insegnamento in tutte
le scuole e renderlo obbligatorio a
partire dalle prime classi al fine di formare, preparare e fornire gli
strumenti allo studente per affrontare la vita in comunità con i propri simili.
Si parla molto di democrazia, di migliorare la società, di cambiamento ecc. ,
ma come si può parlare di democrazia se il popolo non prende coscienza di cosa
sia una autentica democrazia, se non sa cosa sia avere una retta concezione
della persona umana, se non partecipa a costruire e a mantenere uno stato di
diritto? La società può essere migliorata se ognuno ha consapevolezza e volontà
forte di agire per il bene comune e solo per il bene comune, quindi lottando
prima di tutto con se stessi per vincere il proprio egoismo. Solo dopo aver
preso coscienza del passato e del
presente si potrà parlare di cambiamento, ponderando ogni
idea o ipotesi di cambiamento affinché non sia un salto nel buio, ma un lento e saggio modo di cambiare,
percorrendo segmenti orientati verso la “luce” e non un camminare per vie
tortuose, né un camminare all’indietro e incoscientemente ripetere errori che
la storia ha già bollato come nefasti.
Sarebbe buona cosa se in Italia,
ognuno singolarmente ed anche in gruppo, specialmente tra le prolifere
associazioni culturali, venissero fatte delle riflessioni in proposito, facendo
degli incontri per confrontarsi
serenamente , avendo a cuore di fare emergere con chiarezza la propria
identità, a tal proposito, potrebbe essere
utile tenere in considerazione le
parole di San Giovanni XXIII :
“prendiamo ciò che ci unisce e lasciamo ciò che ci divide”, e aggiungerei di prendere il meglio di ciò che ci
unisce per migliorare noi stessi. Al
contempo iniziamo a lavorare alacremente
per aiutare le nuove generazioni nella loro costruzione
identitaria: i nostri ragazzi debbono
sapere da dove provengono, chi sono e conseguentemente capire quale può essere
il loro naturale sviluppo umano, sociale e culturale. E’ necessario un serio e
forte impegno affinché il nostro grado di civiltà si possa avviare verso una
crescita significativa. Solo un intenso lavoro in sinergia può rivitalizzare il
futuro dei nostri giovani e cancellare in noi la tristezza e la preoccupazione
di non essere all’altezza di consegnare loro in eredità un mondo ricco di
valori positivi almeno tanto quanto è
stato consegnato a noi.
Nessun commento:
Posta un commento