IDA MARIA
BARATTA E IL SUO LIBRO ALL’ECOLAB
* Angela
Portatore *
La nostra compaesana che ora vive
a Catania ha scritto un libro che
riprende il tema dell’architettura e della bellezza anche in riferimento ai
passati professionali del nonno Vincenzo e dell’attività professionale che ne è
seguita da parte del figlio e degli stessi nipoti.
All’Ecolab di Linda Schipani
impreziosito dai dipinti di Carmelo Pugliatti si è vissuta una serata diversa,
piena di speranze e di gioia.
Si è parlato e presentato il libro
di Ida Maria Baratta, architetto, edito da Giambra, col titolo “La Sicilia tra
l’architettura e il bello”.
Sembrava che tutti ci fossimo
trasferiti su un altro pianeta, in un’altra città; invece, per fortuna, eravamo
nella nostra Messina, ma con un’enfasi e una utopica speranza di un futuro
rosa, ricordando il passato.
Dopo il saluto di una splendida
padrona di casa, con un giacchettino rosso che era tutto in tondo e girotondo
fra mille colori, Linda esordisce dando il la al presentatore Gerri Villaroel che,
come al solito ma più del solito, non ha semplicemente moderato ma ha diretto
un vero concerto di passato e futuro alla sua maniera, dando la parola alla
parte culturale della Casa editrice, a Maria Scalisi che aveva già recensito il
libro sulla sua Rivista “Moleskine”, alla Presidente dell’Inner Wheel, geologa
Ester Tigano e, infine, all’architetto Pippo Aveni.
Con estrema amabilità e
competenza ogni relatore ha evidenziato le parti salienti del libro.
Certo il tema è affascinante e,
come ha sottolineato il moderatore, ha mille sfaccetature.
L’architetto Aveni e l’ing. Maria
Scalisi hanno evidenziato gli aspetti tecnici, l’editrice l’interesse, non solo
economico ma anche culturale con particolare riferimento al territorio; Ester
Tigano l’amore per le piante, la geologia e la natura.
Poi, in chiusura, l’architetto
Ida Maria Baratta si è abbandonata ad una carrellata di enunciazioni che sono
il fero filo portante del suo libro, che vuole essere un vademecum per un
movimento del costruito intercalato dai fiori e dal riuso.
Tutto sembrava incantato,
ritmato, romanzato, informalmente omologato, scomparso il senso del vuoto
volumetrico, dell’abuso edilizio e della sua violazione per diventare un assolo
di suono di violino con mille altri strumenti per portarci in quello
stratificato del cielo dove gli aquiloni della speranza ancora volano, per dare
un segno forte di presenza umana in un panoramico come quello dello Stretto e
del suo mare.
La sirene hanno cantato e
abbagliato il pubblico che con soave interesse ha partecipato e gioito.
Un piccolo mattone, per costruire
l’infinito di un nuovo mondo è certamente niente, ma quell’infinitesimo diventi
il sale del nuovo contatto con la natura, il bello e la stessa architettura che
poi siamo noi.
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