Nino
Algeri
In questi giorni sono ritornato
ad Ucria per sfuggire alla calura estiva che invade le città e rivedere posti e persone cui sono molto
affezionato.
Giunto davanti alla porta di casa dei miei genitori, ho rivisto con
dolore la cadente casa di mia nonna materna e i ricordi si sono accavallati
nella mia testa facendomi tornare ragazzo.
In una giornata d’inverno, con mia nonna seduti accanto al
braciere, io la sollecito a raccontarmi qualche favola e dopo essersi fatta
pregare un poco, lei incomincia: <C’era
una volta>.
Io subito la interrompo
dicendole di non incominciare con la solita tiritera del re e della serva,
allora incomincia a raccontare veramente.
<Si dice che nella
giornata di Tutti i Santi, le persone devono
ritirarsi a casa, prima che faccia buio, per non incontrare le anime dei morti
che nella notte antecedente alla giornata dedicata alla Commemorazione dei
Defunti, ritornano sulla terra per visitare i loro parenti e portare i dolci ai
bambini che sono stati buoni e qualche pezzo di carbone ai bambini che hanno
fatto i monelli.
In una di queste giornate è successo che un
contadino di nome Cristoforo si è attardato a rientrare perché, avendo caricato
molto la mula, questa stentava a camminare e arrivati in prossimità del paese
di Ucria, nella salita di
Santu Lia, la mula si stese a
terra e non ci fu potenza di farla rialzare. Lui ha provato e riprovato a
convincere l’animale ad alzarsi da terre, sia con le buone sia con le frustate,
ma non ci riuscì in nessun modo.
Disperato
si guardava in giro per vedere se ci fosse qualcuno disposto ad aiutarlo, nel
mentre si faceva buio. Guardando attentamente, con la mano davanti agli occhi,
come a volerli riparare dal sole, vide che dal paese scendeva una processione
di monaci, tutti vestiti di bianco, gesticolando attirò la loro attenzione e
chiese aiuto.
I monaci immediatamente si precipitarono ad
aiutarlo, ma per quanti sforzi facessero non riuscivano a far alzare la mula.
Il contadino mostrò il suo disappunto gridando contro di loro.
< Ma, non avete forza, che siete tutti
morti?> e loro risposero in coro:< Cristoforo Santo, lo puoi dire
forte>.
Non so a voi, ma a me le favole
che raccontava mia nonna piacevano tanto e ancora oggi mi tornano alla mente.
A LIGGENNA
’I S. CRISTOFURU
U jornu i tutti i Santi,
prestu tutti quanti,
a casa n’avimu a ritirari
ccussi, i morti nu ’ncuntrari.
Si dici chi ddu jornu,
senza nuddu scornu,
solunu a casa tornari
e i parenti visitari.
Carcunu, pi ne contrariari,
cci pripara a tavvula e ‘u manciari
iddi, e carusi fanu rigali e rigaluni,
ma carchi vota portunu carvuni.
Ora succidiu chi ’nta sta jurnata,
un certu
Cristofuru, c’’a jimenta carricata,
’nto scuru e lustru, da campagna vinia,
ma ’a jimenta cu ddu carricu nun ci ‘a facia.
Quannu arrivau du paisi ’nta cchianata,
si misi ’nterra tutta stinnicchiata.
Iddu nun cia fici a farila arzari
e si guardava attornu aiutu pi truvari.
Tuttu cuntentu visti in luntananza
na prucissione chi versu iddu avanza,
erunu tutti di biancu vistuti
e d’’u Crucifissu erunu priciduti.
Diversi di chisti s’avvicinanu,
di mettiri additta ’a jimenta circanu;
cchiu voti pruvanu e ripruvanu,
ma ad arzarila, nun cci arrivanu.
Cristofuru a stu puntu s’annirbuliau,
rivulgennusi a iddi cci gridau:
<ma chi siti tutti quanti morti?>
Iddi in coru:<Crisofuru Santu, u poi diri
forti.>
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