ROSARIO&CICCIA
un Amore così grande!
Francesca Murabito
Come ho già fatto nel precedente
numero, voglio condividere con voi lettori de “La Cruna”, qualche ricordo
scovato nel cassetto della memoria della mia famiglia.
Anche in questo caso, i ricordi di
bambina sono significativamente intessuti dai sapienti ed amorevoli racconti
del nonno Rosario, uomo generoso ed altruista a cui penso sempre con affetto e
orgoglio. I suoi racconti erano sempre affascinanti per noi nipoti. Erano
momenti magici quelli in cui, attorno al braciere, o in campagna, ci raccontava
delle sue esperienze di vita e del mondo che aveva visto. Racconti che hanno
lasciato una traccia indelebile nella mia mente di bambina.
Mio nonno Rosario Gurgone, detto “U
zu Rusariu u curatu strazzacappottu”, era un uomo eccezionale.
Ricordo ancora il giorno in cui ci ha
lasciati, era una uggiosa giornata di fine 1977 ed avevo appena scoperto di
essere in attesa di Iole.
Il Nonno nacqueprematuro (per
l’esattezza ci diceva sempre di essere nato “settimino”),ad Ucria, l’8
settembre del 1892, da Biagio Gurgone e Carmela Murabito.
Quando ci raccontava della sua
nascita, ci spiegava cosa volesse dire nascere “settimino” e che la sua
famiglia, al fine di proteggerlo e consentirgli di sopravvivere, lo avvolse
immediatamente nell’ovatta e lo adagiò dentro una cesta (non esistevano certo
le incubatrici, al tempo!). Ho ancora impresso nella mia mente l’incredulità
che provavo a questo racconto… lui che con quella corporatura così possente ed
impostata dava l’impressione di un “gigante buono”!
Era infatti un omone alto e robusto e
dalla simpatia coinvolgente, anche se all’occorrenza sapeva essere rigoroso e
molto autorevole. Era un uomo affettuoso, solare ed altruista.
Tra le innumerevoli avventure
riferiteci dal nonno, vi voglio raccontare alcuni episodi che caratterizzarono
gli anni del suo fidanzamento con Ciccia.
Era il 1914 quando il giovane nonno
Rosario, animato da tanto coraggio e dalla voglia di conoscere il mondo e di
fare fortuna, decise di prendere in mano la sua vita e costruirsi una posizione
andando negli Stati Uniti, con l’obiettivo di dare un futuro a sé ed alla sua
giovane amata fidanzata “Ciccia” che lo aspettava ad Ucria.
Nonno Rosario era un uomo moderno. E
quando ci raccontava della sua esperienza di vita dall’altra parte dell’oceano,
si capiva che la sua apertura mentale era frutto anche delle cose che aveva
visto e vissuto in quegli anni. Ci raccontava spesso di questa incredibile
esperienza e della vita che i giovani come lui facevano in America. I giovani,
le donne erano molto emancipati, la sera si usciva e si frequentava i locali.
E mentre ce ne parlava esprimeva, con
gli occhi e con il tono della voce, quel senso di meraviglia che ha sempre
mantenuto quando parlava degli anni americani.
Ucria ed il suo piccolo mondo rurale
erano lontani anni luce da quel nuovo mondo che il nonno stava vivendo poco più
che ventenne. Nulla tuttavia riusciva ad alleviare le sofferenze avvertite per
la nostalgia e la lontananza dagli affetti e soprattutto dalla sua amata Ciccia
(ci raccontava sempre di come attraversando il “ponte di Brukkulinu” - così lo
chiamava - gli si stringesse il cuore al pensiero della sua amata così
lontana).
Fu così che, dopo 4 anni, vinto dalla
nostalgia e dalla voglia di riabbracciare la sua “Ciccia”, decise di tornare al
suo paese, Ucria, e sposare la sua fidanzata.
Ma in Europa soffiavano venti di
guerra e proprio quell’anno, proprio poco dopo del suo rientro in Italia, il
nonno Rosario, prima ancora che potesse convolare a nozze con la nonna,
ricevette la chiamata alle armi, destinazione Sardegna, “Brigata Sassari”.
Dei sui anni da militare il nonno ci
raccontava storie incredibili e spesso divertenti.
Una storia che ci faceva sempre tanto
ridere riguardava proprio i primi giorni di arrivo in Sardegna e, nello
specifico, la “ricerca” di una divisa militare adeguata alla sua corporatura,
visto che - come vi dicevo - nonno era un omone alto ed impostato.
In caserma, al suo arrivo, fu una
vera impresa trovare una divisa della sua misura (il nonno era convinto che
questa difficoltà dipendesse dal fatto che i sardi erano tutti di piccola
statura!) e, per diversi giorni, fu costretto a “fare servizio” in abiti
civili. Questo fatto - ci diceva - indusse i suoi commilitoni a ritenere che
fosse un parente (insomma un privilegiato) del suo superiore il quale, in effetti,
aveva sviluppato una grande amicizia con il nonno, con il quale condivideva la
stessa passione per l’allevamento delle pecore. Nonno raccontava sempre delle
belle passeggiate e chiacchierate fatte con il suo superiore, quando andava a
fare visita a lui ed al suo gregge, nella campagna sarda.
Tutto scorreva tranquillamente finché
la guerra non entrò prepotentemente nella vita degli italiani e mio nonno fu
chiamato al fronte. La notizia scosse profondamente la quiete della famiglia e
la serenità dei parenti della giovane coppia, anche per le notizie delle
numerose perdite umane che quotidianamente giungevano.
Fu così che i genitori di Ciccia e
Rosario, al fine di tutelare la promessa sposa di fronte alla peggiore delle
eventualità, decisero di organizzare un “matrimonio per procura” (istituto
molto utilizzato all’epoca, per gli stessi motivi), con il quale, per il
tramite di un vecchio zio, il giovane militare impegnato al fronte potesse
convolare a nozze con la giovane promessa sposa rimasta al paese.
Ma il destino - fortunatamente - li
voleva vedere insieme! Fu così che la guerra lo risparmiò e nonno poté
finalmente fare ritorno dal suo grande amore, ad Ucria, festeggiare il loro
matrimonio, formare una splendida famiglia e coronare il suo sogno di vivere la
sua vita con Ciccia ed il suo grande gregge di pecore.
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