venerdì 15 luglio 2016

UCRIA E LA FABBRICA DI CIOCCOLATA - Achille Baratta

UCRIA E LA FABBRICA DI CIOCCOLATA
Achille Baratta
Daniele Castellani Pirelli scrive: All’inizio degli anni Trenta Roald Dahl, uno dei più grandi scrittori di romanzi per l’infanzia del nostro tempo, frequentava la Repton School. È una scuola del Derbyschire, al centro dell’Inghilterra e allora era un posto noto per le punizioni corporali a cui erano sottoposti gli allievi. Uno dei pochi privilegi che si avevano, a frequentarlo, era legato al fatto che una nota azienda di cioccolata, la Cadbury, regalava ai ragazzi dei prodotti che stava testando per capire se avrebbero avuto successo sul mercato. Quel dolce-amaro, quel mix di violenza e di golosità, ispirò a Dahl il suo libro più noto, La Fabbrica di cioccolato.
Lo stesso mix di violenza da noi ad Ucria non ispirò nessuno e la fabbrica di cioccolata se la snono fatta altrove.
Come scrive Giuseppe Salpietro, ci siamo fermati a “quantu va a nucidda”. Nel ventennio, nel periodo dell’anarchia vennero dall’alto le fabbriche che utilizzavano la ginestra ma tutto svanì nella violenza di una politica agrodolce che mandava a morire al fronte i nostri giovani, nati e concepiti come carne da macello, mio padre tra guerra e prigionia ha regalato, si fa per dire, dieci anni della sua vita allo Stato.
La fabbrica di cioccolato, come il solaio “Baratta”, furono una parte delle mie idee ma poi la professione e la vita gli fecero capire che per campare non si poteva sognare l’impossibile.
A quei tempi le strade non erano asfaltate e Ucria di fatto era irraggiungibile, un ergastolo a vita, ogni paese era l’isola dell’isola, o meglio un puntino irraggiungibile, un punto estremo di miseria che connetteva inesorabilmente i cosi detti ricchi e i poveri che insieme giocavano i loro diversi ruoli della disperazione relativa e anche della felicità giornaliera.
Anche l’accessibilità principale è cambiata prima si arrivava da Patti, San Piero Patti, Raccuja, ora da Capo d’Orlando e ora da Brolo e Sinagra.
Il collegamento veloce voluto fortemente dall’onorevole Nino Gullotti e da lui fatto finanziare si è perduto nei rigali dell’appalto, ma nessuno si domanda com’è potuto avvenire un cosi grande affronto ad un paese puntino e soprattutto di chi è la colpa? Ma i puntini non parlano, a noi piace tanto il silenzio della notte. Ora mi tocca per aprire gli orizzonti citare un altro scrittore di “Repubblica”, Stefano Bartazzaghi, nella sua rubrica Lessico e Nuvole, che scrive: “Molti anni fa una rivista enigmistica pubblicò una crittografia mnemonica che per essere risolta richiedeva una certa competenza geografica sulla Sicilia. L’esposto era: PER RAGGIUNGERE SORRENTINI. La soluzione era: “Scendere a Patti”. Patti è il comune del messinese di cui Sorrentini è una frazione. La crittografia secondo me non era del tutto regolare. Accadde quasi sempre quando si fa enigmistica con i nomi propri, ma accade anche che siano esempi molto divertenti. Storica la mnemonica che aveva come esposto: 1° Bobby, 2° I Primitives. Soluzione: “Meglio solo che mala accompagnato”.
Ora ad Ucria avere una fabbrica di cioccolata è un pensiero sa primitives ma resta il dubbio: venendo da Messina in autostrada quel poveretto di Bobby Solo dove deve uscire?
Da noi in Sicilia scendere a Patti e un obbligo, si dice “Patti chiari e amicizia lunga!” ma resta sempre quel segno netto tra disonestà e onestà, tra colpevoli e innocenti ma gli eventi passati non si possono raccontare neanche con la cioccolata e queste pagine sono la storia.
Ancora chiediamo “a quantu a nucidda” senza chiederci chi stabilisce u prezzu e soprattutto a che prezzo si produce.
Il risultato concreto è chi può scappa senza lasciare il filo d’Arianna per il ritorno. Non interessa più, cosi la fabbrica di cioccolata. Le zone industriali l’ultima chimera, le scuole chiudono siamo alla soglia del niente, l’unica possibile via di ripresa il turismo non viene percorso dai vivi contemporanei.
Ma se chiedessimo ai morti probabilmente ci autorizzerebbero ad arredare il paese con le opere d’arte che nel nostro cimitero abbondano nel dimenticatoio e nell’incuria delle non proprietà per uso e per legge.
Questa è la nostra fabbrica di cioccolata bianca, per attenuarla non occorre essere rivoluzionari basta semplicemente essere normali, pensando e onorando la nostra ginestra e al suo fascino che non costa niente e non sottendono appalti ne esperti a titolo gratuito, impegnati nelle aree giudiziarie.

La normalità serve anche per la cioccolata, ora che si è normalizzata la sessualità pensiamo alla maggioranza e al suo diritto all’uguaglianza fuori logica del bastone e la carota.



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