domenica 15 gennaio 2017

IMMERSIONI CON EMMA - Vincent Scalisi

IMMERSIONI CON EMMA
Vincent Scalisi
Boston, Massachusetts, è un posto affascinante sotto diversi punti di vista. Decine di migliaia di anni fa, un ghiacciaio ricopriva la maggior parte del nord. Il lento spostamento del ghiacciaio verso sud, lasciò la maggior parte del territorio completamente spoglio. Quando il ghiacciaio si fermò, lasciò dietro di se larghi depositi di sabbia, col tempo il ghiaccio si ritirò verso nord e Boston sorge ora nel punto in cui il ghiaccio si fermò.
            A nord di Boston, affioramenti collinari di granito, sono presenti ovunque mentre a sud, grandi distese pianeggianti di sabbia, governano il paesaggio. Dove il mare incontra la terra, ci sono spiagge di sabbia pura, circondate da massi giganti e scogliere scolpite dall’incessante martellamento del mare.
            Un giorno di luglio 2016, mia figlia Emma mi chiese se volevo accompagnarla ad una immersione subacquea.  C’era qualcosa che voleva mostrarmi, appena a nord di Boston. Avevo atteso questo momento e sapevo che sarebbe arrivato. Emma aveva 21 anni e cominciava il suo ultimo anno all’università, ha trascorso l’estate come tirocinante in una scuola sub ed ha preso lezioni di immersione come parte del compenso. L’obiettivo di Emma era quello di diventare un sub professionista e dopo la laurea, voleva approfondire i suoi studi sull’oceano e quindi aveva bisogno di quel brevetto.
            Io ero nervoso, in passato ho trascorso molte ore e anche molti giorni sott’acqua. La mia carriera lavorativa come subacqueo commerciale di profondità, mi ha portato a costruire ponti e moli e come hobby ho raccolto tutti i tipi di creature marine da tenere e vendere. Il mare è stato parte della mia vita per molti anni, non ero nervoso per l’immersione, ero nervoso per mia figlia Emma.
            Per me personalmente, questo che doveva essere un test per Emma, si è trasformato in un duplice test. Una parte doveva essere quella di verificare le sue capacità di guidare una immersione, sarei stato a disagio nel permetterle di affacciarsi al mondo come guida di immersioni, se non avessi creduto in lei. Questo è un lavoro serio e quando qualcosa va storto le persone potrebbero morire. Non c’è spazio per gli errori; sott’acqua non si finge! Se avessi percepito che Emma non avrebbe potuto guidare una tale spedizione, avrei dovuto affrontare una spiacevole conversazione riguardo il suo futuro.
            La seconda parte del test mi ha colto di sorpresa, non era previsto per questa uscita, ma il risultato della nostra immersione era di trovare per mia figlia un posto nella famiglia. Questa estate Emma ha superato tutte le mie aspettative e non solo perché ha conseguito la laurea.

L’immersione
            L’immersione si è svolta in una calda giornata di luglio. La notte prima Emma è tornata a casa con la macchina carica dell’attrezzatura da immersione, ha affittato le mute, bombole, regolatori e….tutta l’attrezzatura necessaria per portare il padre all’ immersione. Il suo sorriso era così grande che di più non poteva. Abbiamo preparato le nostre attrezzature, seduti nel vialetto, controllando al pressione dell’aria, assicurandoci del funzionamento dei regolatori, imballando e re-imballando i borsoni. Abbiamo mangiato un pasto sano e bevuto molta acqua perché  l’aria delle bombole è molto secca e causa disidratazione.
            Il giorno seguente ci siamo alzati all’alba, la marea sarebbe stata alta intorno le 9 e noi volevamo entrare in acqua al suo picco maggiore. Dopo una leggera colazione Emma mi ha portato a nord, verso un posto dove non ero mai stato, era un posto nascosto lungo una strada sterrata e tra alcune case. Sulla riva di una baia c’era la baracca di un vecchio pescatore, barche da pesca erano alla fonda in un luogo piccolo ma sicuro, non c'era sabbia.
            Eravamo circondati dalle prove del ghiacciaio, abbiamo camminato sulle ossa della terra, grandi masse sporgenti di granito grigio davano alla baia del pescatore la forma di ciotola e fuori dalla baia una grande scogliera declinava dolcemente verso l’acqua luminosa e fredda. Saremmo  entrati dove una volta c’era il ghiacciaio.
            Abbiamo portato l’equipaggiamento su per la collina e giù per il pendio fino alla riva. Il mare era calmo, una leggera brezza da nord faceva puntare le barche in quella direzione. Abbiamo studiato l’acqua, Emma ha puntato alcune alghe, che ci hanno indicato un lento movimento della  corrente che correva parallela alla riva nella stessa direzione in cui soffiava il vento.
            Abbiamo ragionato sull’immersione, ”Prendi la bussola” disse Emma. Eravamo entrambi sulla riva abbiamo fissato la bussola, lei ha ruotato la ghiera della bussola e mi ha dato le istruzioni: “Tara la bussola a 20 gradi, nuotiamo in superficie puntando a 20 gradi, quasi a nord fino alla prima boa della trappola per aragoste. Li scenderemo a 12 metri, quando toccheremo il fondo, continueremo a nuotare puntando i 20 gradi fin ad arrivare ad una ripida depressione, da li andremo oltre il bordo e scenderemo ancora fino a circa 18 metri. Controlleremo l’aria, gireremo a destra e seguiremo la parete est quasi esattamente a 90 gradi sulle nostre bussole. Quando l’aria arriverà a 1200 psi ritorneremo puntando a 220 gradi
            Emma mi chiese ”Hai capito? Riesci a ricordare quei numeri?” Io rimasi immobile li in silenzio con un sorriso da Monna Lisa e mi limitai ad annuire. Non penso di poter essere più contento di come lo ero in quel momento – Aveva superato il test.
            Emma mi ammonì per il fatto che avendo un passato nelle costruzioni, tendevo a stracciare il fondale, rivoltare le rocce e sbattere intorno proprio come un bruto. Emma è un’ambientalista che tiene in considerazione ogni piccola e semplice creatura sulla terra e anche se non c’è nessuna ragione per disturbarle, lei dice di non disturbarle. Era anche molto severa con me riguardo al girovagare e voleva assicurarsi che facessi attenzione al fatto che eravamo una squadra. La verità è, che io tendo a girovagare!
            Ci siamo vestiti mettendoci più tempo del dovuto. Ho controllato la sua attrezzatura e lei la mia, penso che cercavamo di superarci a vicenda e non volevo assolutamente fallire.
Siamo scivolati in acqua, non con la grazia delle foche che abitano queste acque, ma eravamo sul dorso, scalciando con colpi lunghi e forti e ci siamo diretti leggermente di bolina. Emma mi teneva davanti in modo da potermi vedere e ogni tanto mi avrebbe urlato di correggere la rotta e abbastanza presto ci fissammo l’un l’altro, eravamo 100 metri al largo e in 12 metri di acqua, cosi ci siamo immersi sotto la superficie.
            Mi piace nuotare prima a testa in giù; in quei giorni c’era una visibilità di soli 5 metri nelle acque torbide del New England, una foschia grigia-blu è tutto quello che vedi quando inizia la discesa e poi sagome scure cominciano a formarsi quando il fondo diventa visibile. Aumentando la profondità, hai bisogno di far schioccare le orecchie per compensare la pressione, proprio come in aereo, ma al contrario.
            Poi, in un lampo, ci ritrovammo a quattro zampe in un letto di alghe marroni e verdi che ricopriva rocce di varie dimensioni. Prima che me ne accorgessi, Emma mi batteva sulla spalla perché facessi attenzione. Quando sei sott’acqua, la comunicazione con il tuo compagno di immersione avviene con segnali delle mani universalmente usati in tutto il mondo. Lei mi chiese se andava tutto bene facendo il segno di OK verso di me ed io risposi nello stesso modo verso di lei.            Poi si e toccata in polso con due dita dell’altra mano, volutamente mi chiedeva della pressione dell’aria, ho tirato fuori il misuratore ed entrambi abbiamo esaminato il mio e poi il suo, avevamo abbastanza aria per cominciare il nostro viaggio e così ci siamo mossi lentamente 20 gradi a nord
            Lungo la strada abbiamo raccolto qualche grossa vongola nera che sapevamo essere deliziose. Presto siamo arrivati al punto prefissato ed Emma mi ha fatto cenno di andare avanti per primo verso la discesa, è divertente nuotare verso il basso di 20 metri dall’orlo della scogliera, mi sembrava di volare. Quando abbiamo toccato il fondo abbiamo seguito la parete est proprio come avevamo programmato. Io avevo portato un corta fiocina per catturare i pesci ed entrambi avevamo portato un sacco in rete per trasportare il nostro pasto a casa. Presto o notato una platessa e l’ho infilzata e poi un'altra, avremmo avuto pesce e vongole a cena domani.
            Speravamo in qualcosa in più, visto che queste acque sono abitate da un famoso crostaceo “l’Aragosta del Maine”, che sono una delicatezza. Se doveste mai venire nel New England, dovete assaggiare l’aragosta, è una famosa tradizione. Stavamo vedendo le aragoste ma erano troppo grosse o troppo piccole e dovevamo tornare, così ne presi una grande abbastanza. Abbiamo nuotato e strisciato sul fondo quando improvvisamente sono stato toccato insistentemente sulla spalla, era Emma, e si stava toccando il polso perché verificassi l’aria. Mi stavo domandando quando me lo avrebbe chiesto, ed ero abbastanza sicuro di avere 1200 psi di aria rimanente. Mi guardò intenzionalmente negli occhi e girò la mano sulla testa per segnalarmi che dovevamo tornare a riva. Guardò la bussola, posizionò la ghiera, io feci lo stesso trovando la direzione a 220 gradi sud-ovest. Eravamo a 20 metri sul fondo della scogliera, mi fissò ancora una volta cercando i miei occhi, ”seguimi” mi disse con il braccio e la mano, come a puntare la direzione e fece strada verso casa. Ho fatto quello che mi era stato detto, nuotammo fianco a fianco, vicini, urtandoci, indicando interessanti spugne e alghe e vermi e pesci e lumache e…….tra due massi della dimensione di un bambino, vedemmo le chele di una grande aragosta. La raggiunsi ma era troppo tardi, l’aragosta si ritrasse nella sua grotta, restammo fianco a fianco, fissando le punte delle chele. Andai dietro il masso e misi la mano sotto, ma era troppo lontano per raggiungerla, cosi conficcai la mia fiocina nel buco e la ondeggiai avanti e indietro, speravo di stuzzicare l’aragosta e spaventarla per farla uscire dal buco. Non sapevo se stava funzionando, quando alzai lo sguardo e vidi mia figlia mettere le mani e afferrarla con una chela per ogni mano. L’aragosta diede dei colpi di coda cercando di scappare, ma Emma ha resistito alle sue scosse io mi affrettai a prendere la borsa di rete e lei la mise dentro, mentre l’aragosta continuava a combattere. Ci sedemmo li sul fondo, con l’affanno, sorridendo e cercando di non ridere troppo. Avevamo ormai abbastanza prede da portare a casa alla mamma. Abbiamo controllato l’aria nuotato verso casa, stando sul fondo fino a che potevamo alzarci e vedere la riva. Siamo emersi 10 metri dal punto di partenza, ed io sono rimasto sorpreso ed impressionato dalle capacita di navigazione di Emma. Siamo usciti e ci siamo tolti l’attrezzatura e le mute aiutandoci l’un l’altro quando necessario. Ci abbiamo messo molto tempo a mettere via l’attrezzatura, più del necessario, perché io volevo che il tempo si fermasse. Siamo andati via in macchina e ci siamo fermati in un ristorante vicino al mare.      Abbiamo parlato dell’immersione, delle prossime immersioni e del futuro. E’ stato in quel momento che ho realizzato che il secondo test aveva avuto luogo. Ho visto il mio sostituto, cosi come io avevo assunto le funzioni nella famiglia da mio padre. Ho visto in mia figlia le caratteristiche necessarie alle funzioni di guida, non solo nelle immersioni ma anche nella famiglia. Sapevo che un giorno, non oggi, ma un giorno, avrebbe preso le redini della guida da me e preso cura della famiglia. Aveva superato le prove.













Nessun commento:

Posta un commento