LA 'NTINNA DI CASALE
FLORESTA
Luigi Pinzone
Il
26 Luglio di ogni anno si celebra a Floresta, per inciso il più alto paese
della Sicilia – superiore a 1240 mt. s.l.m., la festa della Patrona, Sant'Anna.
Ancora oggi è possibile per chi ci passi occasionalmente o ci si trovi
scientemente, prendere parte ai festeggiamenti. Certamente non ci sono le
stesse attrazioni che c'erano negli anni cinquanta, ma probabilmente cose più
consone agli anni duemila e non più concatenate alla realtà contadina,
pastorale dei '50. Voglio dire che, se nel passato i botti di Capodanno non
scandalizzavano nessuno, oggi il maltrattamento acustico degli animali è
considerato come un segno di inciviltà. Ma tant'è. Ciascuno è figlio del secolo
in cui vive. Dicevo della Festa. Era innanzitutto dal mese di Giugno che tutti
i cacciatori affilavano le armi per prepararsi all'evento. Preparazione dei
“due botti”, come venivano chiamati i fucili a due canne, o della scopette,
acquisto o fabbricazione di cartucce adatte all'avvenimento. Poi c'erano gli
allenamenti degli atleti per affrontare le corse e per salire sull'albero della
cuccagna. Gli organizzatori intanto a partire dal 23 Luglio, alla fine della
Fiera del bestiame, allestivano nel piano antistante il cimitero, la 'ntinna,
un pioppo di oltre 20 metri di altezza sulla cui cima venivano, inchiodate le
squisite provole di Floresta che gli allevatori facevano a gara a donare in
onore della Santa Patrona, legate e ben nascoste sotto un cespuglio di
agrifoglio. Finita, la 'ntinna era alta 26 metri. Un plauso a tutte le
persone che ogni anno si davano da fare per organizzare lo spettacolo,
preparativi che richiedevano una perizia fuori dal comune. E poi arrivava il 26
Luglio, giorno dello spettacolo. Le gare erano quattro, corsa per ragazzi e per
adulti, la c.d. Pitruliata, il tiro dei cacciatori e la salita dell'albero.
Preciso
che il pioppo veniva bel scortecciato e ricoperto da grasso di pecora, per cui
salire sull'albero era un'impresa molto ardua. La corsa assegnava ai vincitori
delle provole. La Pitruliata vedeva i partecipanti tirare alle provole da basso
con dei sassi. E chi riusciva a far cadere una provola o un pezzo di provola,
se lo aggiudicava. Poi c'erano i cacciatori. Uno spettacolo. Tutti vestiti a
festa i cacciatori casaloti e dei
paesi vicini sparavano a turno nel tentativo di colpire le corde con cui erano
legate, cose difficilissima perchè con i pallini di piombo è quasi proibitivo
tagliare una corda. Alcuni compravano delle cartucce speciali, quelle
volgarmente chiamate a lupara (si tratta di fare una catena con tre pallini e
il filo di ferro, di modo che il colpo possa tagliare lo spago). Ricordo ancora
il sapore di polvere da sparo e qualche piombino nella provola che i cacciatori
vincenti facevano assaggiare agli amici ed ai parenti.
Ma
ancora c'era un'altra gara. Gli atleti si preparavano a salire sull'albero a
petto nudo e chiunque fosse riuscito a salire in cima poteva portare a casa
quanto c'era rimasto. Tra i campioni del passato ricordo un casaloto certo Nino
Malasacchètta vincitore svariati anni e il campione dei 'crioti, l'amico
Ernesto Mazzola.
Poi
la festa si spostava nel centro del Casale ed in particolare nelle numerose
taverne dove si poteva gustare il generoso vino Rosso della 'Ssulicchiata, i
formaggi, le ricotte e i bambini potevano chiedere ai genitori di poter avere i
“cavallucci” fatti con la provola. Poi la sera si ritornava al paesello e la
vita riprendeva senza scossoni fino alla prossima festa.
Carpi di Modena, lì
11.01.2017
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