giovedì 14 gennaio 2016

Tempi, grazie a Dio, andati *Carmelina Allia *

Tempi, grazie a Dio, andati
*Carmelina Allia *

Qualche anno fa ho chiesto ad una mia amica, che ora non è più tra noi, di raccontarmi qualche episodio della sua giovinezza, perché è stato sempre vivo in me il desiderio di conoscere brandelli del nostro passato per poter vivere con più consapevolezza il presente.
E Peppina, sempre disponibile, mi ha accontentata ed io voglio condividere un primo episodio di quelli che mi ha regalato, che ho intitolato "Tempi, grazie a Dio, andati".
Erano gli anni appena successivi alla fine della seconda guerra mondiale e le donne trovavano nella raccolta delle nocciole presso i grandi proprietari, l'opportunità per racimolare qualche lira per le loro famiglie; anche se il loro lavoro era pagato meno rispetto a quello dell'uomo.
Era una giornata di settembre con un cielo terso e un'aria mite e alcune donne, circa venti ("donne all'antu", che a distanza comunicavano con gli altri gruppi di raccoglitrici con il canto della "Salve Regina"), si avviavano a lavoro in contrada Malavarva. 
Alcune su di un viottolo sterrato, a passo spedito, sembrava volessero conquistare in fretta il traguardo del posto di lavoro, altre, invece, andavano a passo lento, mostrando, già di buon mattino, i segni di una fatica non smaltita.
Insieme a loro anche una ragazzina che trotterellava divertita.
Passando davanti al palazzo " du Piratu", le lavoratrici si inchinavano con deferenza  davanti al proprietario, che dalla sua terrazza amava assistere al passaggio delle donne, che lo salutavano dicendo: "Voscenza, s'abbanadica".
La ragazzina, invece, salutò con un semplice: "Ciao, Avvocato".
Questi, indignato e offeso, per un saluto cosi confidenziale che alle sue orecchie risuonava come "lesa maestà", esclamò a gran voce:"<<Cu eni, sta' figghia di gran ....>>", cui fece seguito un epiteto poco onorevole.
Ma la ragazzina, per niente intimidita, rispose per le rime, mentre sua mamma, quasi balbettando "per la paura", chiedeva scusa e spingeva energicamente a camminare svelta, intimandole il silenzio.
Dopo qualche giorno la ragazzina fu invitata, tramite il campere, ad andare al palazzo dell'avvocato, che, smaltita l'offesa, voleva incontrare chi aveva osato tanto e complimentarsi per il coraggio avuto, coraggio dovuto -forse- all'incoscienza dell'età mista a ingenua affettuosità e ad un'insofferenza per saluti di vecchio stampo, che ormai avevano odori di stantio.
L'avvocato accolse la ragazzina nella sua terrazza complimentandosi per la intraprendenza confidenziale (non usuale a quei tempi) e le fece offrire un buon bicchiere d'amarena e biscottini preparati in casa.

Per fortuna, ne abbiamo fatto di cammino nel superare le differenze di "classe" nella nostra società, riconoscendo la dignità di ogni persona e di ogni tipo di lavoro!
Cordialmente 
Carmelina Allia



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