“U
CARVUNARU”
(Produzione
del carbone)
*
Salvatore Ricciardi *
Anche questo mestiere “ad Ucria” si è perso, eppure in tanti ricordiamo i nomi di
quelle persone che fino a pochi anni addietro svolgevano questo mestiere, uno,
il più recente, è stato “Nino Puntillo”
(Salleo Puntillo Antonino), l’ultimo Carvunaru esistente a Ucria che produceva il carbone, ricordiamo anche: Orifici Sebastiano, Murabito Salvatore, Murabito Tindaro, Tripoli Vincenzo, Lembo
Vincenzo, Cuttone Sebastiano ecc. Le notizie riportate
nella presente, in parte mi sono state date da Salvatore Ponzo anche lui spesso
faceva il carbone ma solamente a scopo personale.
Un mestiere che potevano e sapevano svolgere in pochi, frutto di
consolidata esperienza, spesso tramandato da generazioni in generazioni.
La
maggior parte di noi ricordiamo con un po’ di nostalgia, prima dell’avvento
delle stufe a gas o elettriche, quando da bambini, nelle giornate fredde ci scaldavamo
seduti intorno ad un braciere ricolmo di carbone, che serviva anche per la
cottura dei pasti quotidiani.
In
tanti però non sanno quanta preparazione e fatica bisognava affrontare per
trasformare la legna in carbone.
La
spiegazione che segue, vuole essere per tutti quelli che come me, ricordano
ancora l’uso del carbone, e ai giovani d’oggi, far sapere, come i nostri
antenati con grandi sacrifici, svolgevano questo mestiere che ha contribuito
anche alla sopravvivenza di tanti nuclei familiari.
Tutte
le foto qui riportate, mi sono state donate da “Nino Puntillo” e documentano le fasi di realizzazione del “carbone di legna”.
Si
cominciava con la raccolta della legna, che impegnava più persone, spesso
l’intero nucleo familiare, quella più adatta era legna di rugulu-quercia che ad Ucria c’era e c’è in abbondanza, ma veniva
anche utilizzata legna di ulivo, castagno e nocciolo.
Si raccoglieva legna per circa
5.000/10.000 Kg, che trasformata in carbone se ne ricavavano circa 1.000/2.000
Kg. e la produzione veniva fatta più volte durante l’anno. Il carbone prodotto,
serviva in parte a chi lo produceva e parte veniva venduto.
Pensando
a quando ancora non esistevano ne le cucine a gas, ne impianti di
riscaldamento, quanto carbone era prodotto per soddisfare il bisogno
dell’intera collettività Ucriese.
In tanti usavano anche la brace come
ricordo anch’io, ma certamente non aveva la stessa dura del carbone.
FASI
DI ESECUZIONE
Dopo
aver realizzato uno spiazzo necessario per accatastare tutta la legna
raccolta, u carvunaro procedeva con l’aiuto di altre persone a collocare in
modo sistematico e razionale tutta la legna raccolta, (vedi la foto n°
1-2-3-4-5-6-7-8)
Foto (1) - La
legna raccolta era disposta a cerchio. Nella foto (Nino Puntillo Salleo, moglie
e figlio)
Foto (2) - U Carvunaru iniziava con la disposizione
centrale della legna. Nella foto (Nino Puntillo Salleo)
Foto (3) – si
continuava, disponendo la legna più grossa al centro e quella più piccola lateralmente
a forma di cono rovescio.
Foto (4) - completamento
della sistemazione di tutta la legna
Foto (5) –
copertura della legna con un primo strato di erba verde e un secondo strato di
terra vegetale
Foto (6) – come foto 5
Foto (7) – fine
della copertura della legna con erba verde e terra vegetale
Foto (8) - ultima
fase, dal foro posto in alto fuoriusciva fumo misto a vapore a conferma che
all’interno la legna cuoceva.
(un vulcano in miniatura)
Si
cominciava con la posizione di tre pezzi di legno abbastanza grossi (vedi
foto n° 2) messi verticalmente in modo da formare tre triangoli, e uno di
questi triangoli serviva anche a far
passare della brace accesa che serviva per accendere la legna.
All’interno non si creava una vera
fiamma ma bensì un vapore ad alta temperatura che favoriva la cottura della
legna.
La
cottura della legna, durava per circa 10 giorni, ed ogni giorno era
necessaria la presenza di una persona soprattutto nelle giornate di vento,
vento che entrando dai fori posti in basso (vedi foto n°8) avrebbe alimentato
il fuoco e far bruciare l’intera legna e ridurla in cenere, per questo
bisognava chiudere i detti fori per riaprirli quando il vento cessava.
Inoltre
bisognava quotidianamente controllare la consistenza della terra che
copriva la legna, perché man mano che la legna cuoceva, si riduceva di volume e
quindi provocava dei vuoti che bisognava compattare, per evitare che
all’interno si provocasse un crollo, compromettendo l’intero processo di
cottura.
A fine cottura, dal foro posto in alto, si
metteva dell’acqua per spegnere l’intero processo e dopo qualche giorno veniva
rimossa sia la terra sia l’erba che ricopriva la legna diventata oramai
carbone. E chiaro che nella presente descrizione mancano alcune fasi di
lavorazioni. La presente vuole essere un sunto dell’intero processo di
trasformazione della legna in carbone.
Ucria, lì 07.03.2016
Nessun commento:
Posta un commento