* Maria
Scalisi *
Quando
non sono ad Ucria, appena i miei impegni di lavoro me lo
permettono scappo in libreria, come isola felice dove guardare oltre e sempre
possibile, nella mia libreria preferita, la musica fa da sottofondo alle
immagini delle copertine esposte.
Sembrano
tutte uguali, eppure la copertina è stata sempre
frutto di attenti studi anche manageriali perché rappresenta un modo sintetico
di trasmettere, non solo i contenuti, ma anche gli interessi degli editori.
Qualcuno
obietta: ma tu non leggi le recensioni? Ed io rispondo: Con
molto interesse, sempre con le dovute cautele, perché un libro in vendita
costituisce sempre un interesse commerciale che mi auguro non diventi mai di
monopolio.
Nel
girovagare con lo sguardo mi sono imbattuta in una copertina
singolare con un tema singolare di una casa editrice: singolare.
È la Giambra Editori, di Terme
Vigliatore, in provincia di Messina, dove si respira l’aria della speranza e
della gioia e anche di quella spensierata allegria che fu in Casa Sellerio, ai
tempi felici di una casa editrice che resta siciliana e che ci onora con le sue
copertine blu ocra.
La casa editrice vuole rilanciare il
tema Sicilia, quasi come un segno d’amore e pubblica “L’architettura e la bellezza in Sicilia” scritto da Ida Maria Baratta, architetto.
Essere
siciliana e ingegnere mi porta certamente a non essere
obiettiva con un tema così affascinante.
Non è un romanzo ma indirettamente è la
storia di più generazioni che si sono innamorate del tema, che lo hanno vissuto
in prima persona con un impegno professionale, che è diventato vita e ancora di
più motivazione forte di un’esistenza di lavoro, con lo sfondo di umanità e di
etica che diventa una intonazione musicale da fare ascoltare ai giovani e a chi si affaccia alla soglia
della professione in questo momento di crisi.
In
copertina un arco, ora demolito, realizzato con una
struttura in legno rivestita in Eraclit.
Le
forme progettate dall’architetto Filippo Rovigo
le strutture verificate dall’ing. Vincenzo Baratta.
Questa
immagine che era all’interno del testo è stata voluta
in copertina dall’editore come segno forte di messaggio grafico ma anche come
testimonianza che “volere e potere”, che è poi il simbolo della sua personalità
e della sua volontà di non retrocedere scommettendoci non solo la faccia ma
anche il portafoglio di lavoratore onesto della stamperia e dell’editoria.
Poi,
all’interno, gli argomenti più diversi ma sempre
sociali e quasi museali in ambiente architettonico che vanno dall’abbattimento
delle barriere architettoniche e sociali a quello infinito del bello e delle
sue essenze in quell’edificato che spesso diventa colata di cemento in un
agglomerato urbano che invece invoca il riuso, i fiori e lo stesso verde.
Si
richiama una sorta di città bosco dove tutto è verde o
mimetizzato nel verde.
Si parla di arte, di architettura, di
architetti, di uomini, ma soprattutto di donne, sembra che sia stato scritto in
occasione del recente passato della ricorrenza dell’otto marzo.
È un camminare parallelo a questo
festeggiare che ogni anno prende aspetti diversi, restando sempre un’evoluzione di quella parola magica che
si chiama amore nel rispetto delle uguaglianze.
Andando oltre si potrebbe dire che
questo è un libro che parla del rispetto dell’altro e delle sue idee, nella
convinzione che sono le idee che
generano i progetti e che i progetti generano idee.
Perché progettare è comunicare diventa
un modo diverso di fare politica, trasmettendo ai posteri le nostre proporzioni
del bello e del nostro credere, perché la religione
vera è la fede e l’impegno professionale.
Poi, la questione meridionale. Il nostro
modo di essere e di adulare l’arte di strisciare e in contrapposizione le
posizioni, apparentemente morbide dei progettisti dalla schiena dritta, che non
si piegano alle imposizioni del
committente padrone.
Ma
poi, sempre dominante, la tematica del fare nella
convinzione che i megaprogetti sono devastanti, inconcludenti e hanno un solo
fine: quello della spesa o degli esborsi.
Il
vero progettista è un sognatore che usa anche la
matita copiativa, perché il pensiero umano si sviluppa in serie e anche in
parallelo con la convinzione che occorre fare cordata per non essere un
progettista qualunque che se la canta e se la suona da solo o, al massimo, con
i complimenti dei cortigiani o dei committenti che lo hanno spinto e che la
bruttura del lucrare fosse definita bellezza.
Che
tristezza leggere questi risvolti sociali che sono il
necessario condimento a quello che è l’attuale triste realtà che deve essere
rimossa prendendo atto che oggi siamo in una società globale, che non può
essere delineata dal sapere delle nostre facoltà, che, purtroppo, sono
inadeguate e distanti un’infinità di anni dai politecnici italiani e da quelli
di tutto il mondo evoluto che guarda oltre.
Per
l’autrice, lo stesso Gregotti, architetto di fama
internazionale, ora scrive più di filosofia che di architettura. Non è
certamente un’accusa ma una constatazione e anche Ida Maria Baratta cade nella
stessa tentazione che diventa voragine della globalità, scrive questo bel libro
senza essere eccessivamente poetica, tuttavia è da considerarsi un richiamo
attento delle meraviglie dell’architettura e del bello in Sicilia.
Ho
scomodato perfino la lode per ricordare con l’autrice il
cosiddetto “dilemma dello scalatore di organigrammi” che consiste: da un lato
entrare in cordata e assumere, passo dopo passo, un ruolo sempre più cruciale
nelle organizzazioni che è necessario avere delle qualità e darne
dimostrazione, ma nel renderle evidenti ci si può alienare le simpatie di chi
ci precede e, soprattutto, di chi ci segue per diventare noi stessi capicordata
non per lucrare, ma per giocare beffandoci, ironicamente, per vivere civilmente
e anche felicemente nell’estasi del bello e dell’etica del surreale infinito
tinto di azzurro.
Ma
ritornando al verde, qual è il comune dei Nebrodi che è
verde, come la nostra Ucria? È l’albero di pino, che abbiamo come ricordo di
uno dei nostri ventenni è diventato
il simbolo di verde diverso ma che si è assuefatto ai nostri climi e ne
rappresenta la nostra connotazione, senza dimenticare i nostri gerani, le
nostre ginestre e le margherite gialle di Padre Carmelo, che sono il segno più
bello della nostra fede e dello stesso nostro amore per il Signore della Pietà,
che è il nostro protettore, sperando che ci protegga veramente.
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