LO SPIGOLATORE DI AGOSTO
Luigi
Pinzone
Dopo tanti anni di assenza,
grazie agli inviti, alle sollecitazioni e alla squisita ospitalità dei miei
fratelli, sono tornato a calcare le scene di quel teatro quale ancora oggi mi
appare il paesello natale. Sempre lo
stesso, gli stessi amici nel Casino di Compagnia, come se il tempo si fosse
fermato. L'ho trovato diverso, invece, per altri versi. Alcuni siti sono poco verosimili rispetto al
mio ricordo per la mania modernizzatrice dell'uomo e per l'inclemenza della
natura. Mi riferisco, ovviamente, alla ricostruzione in seguito ad alluvioni e
terremoti. Solo pochissime ore di
permanenza ed ho voluto fare un pellegrinaggio in quel posto dove ormai si
trova la maggior parte della gente che conosco (o meglio che conobbi), il
cimitero. Nella salita di Via Cecata mi risuonavano nelle orecchie le note di
un canto alla Madonna del Rosario, un Salve Regina in dialetto siciliano, che
di seguito trascrivo.
Diu Vi salvi, o Regina
Maria di lu Rusariu,
di lu Divinu Erariu,
o Tisurera.
Sintiti sta prighiera,
o Maria nostra amanti,
chi nui li rusarianti,
a Vui faciemu.
Pintìri nni vulemu
di li nostri gran piccati;
lu nostru Diu prigati
e l'ottiniti.
Lu beni lu sapiti
quant'è granni
amuri versu li piccaturi
Gesù incarnatu.
Nasciu tra un vili statu
patiu peni e turmenti
fu in cruci crudelmenti
finchè murìu.
Poi quannu risurgiu
fistanti e gluriusu
mustrau quant'è amurusu
e onniputenti.
Perciò Matri clementi
e Virginella pura
pi finu all'ultim'ura
nun Vi scurdati.
Guardatimi, guardatimi
giacchè la Matri siti,
si Vui V'impigniriti
a nui pirdunu.
Pi menzu di la curuna
chi nui Vi recitamu
godirVi e poi spiriamu
in Paradisu.
E in Paradisu sia
sempre viva Gesù,
Viva Maria!
Il primo pensiero, naturalmente
fu quello di portare un fiore sulla tomba dei miei cari, sita proprio in
prossimità del campanile della Chiesa del Rosario e, contestualmente, avrei
voluto andare in visita presso la mia
amica Rosaria, una delle campane di detto campanile. Ma ahimè, la porta del
campanile era chiusa e un suono digitale simulava quello delle campane.
Informatomi presso il custode seppi che la mia amica Rosaria, forse non
reggendo all'avvento della musica elettronica, era caduta dal campanile
frantumandosi in tre pezzi e quel che è peggio attentando alla vita delle
persone che c'erano di sotto, tra cui il parroco. E questa fu subito la prima
disillusione. Pur nondimeno continuai tra le tombe alla ricerca del tempo
perduto. Trovai quelle di parenti e amici tra cui quella del fraterno amico
Enzo Niosi, trovai le tombe dei miei zii, nonni e bisnonni e lasciai per ultima
cosa la ricerca di una tomba che mi aveva incuriosito già quindici anni fa,
quando avevo trovato quella di una donna nata a Castel San Pietro di Bologna e
non ancora defunta. Mi ero sempre domandato come mai una bolognese avesse
scelto di essere seppellita nel cimitero di Ucria, ed ho scoperto che era
coniugata con un abitante di Ucria. Avevo sempre pensato che le affinità tra
Ucria e Bologna fossero legate solo alla maestra Carla, recentemente scomparsa,
che, venuta ad insegnare a Ucria, vi si era fermata, mettendo su famiglia, ma
evidentemente mi sbagliavo.
Dopo, finita la visita al
cimitero, ritornai tra le nebbie padane e tutto rimase nei meandri dei miei
ricordi.
Chissà quanto tempo passerà
ancora prima che io ritorni e chissà se vi ritornerò!
Carpi di Modena, lì 09.11.2016
LUIGI PINZONE
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