mercoledì 14 dicembre 2016

NATALE E LA SUA STORIA - Domenico Orifici

NATALE E LA SUA STORIA
Domenico Orifici
 Al posto delle festività natalizie, un tempo vi erano le festività del solstizio d’inverno, più note col nome di Sol invictus. Risalgono a tempi antichissimi: I persiani cantavano al sole che tornava a crescere con la sua luce e il suo calore; gli egiziani con processioni rituali festeggiavano la nascita di Horus, la loro principale divinità. I romani celebravano, dal 17 al 23 dicembre, le saturnali, festività in onore del Dio Saturno. Nel 274 l’imperatore Aureliano decise che il 25 dicembre si dovesse festeggiare il sole e fece costruire un tempio che inaugurò il 25 dicembre.
Gli storici cristiani cercarono d’individuare la data esatta della nascita di Gesù, ma era come cercare un ago nel pagliaio dal momento che i vangeli non ne accennarono. L’unico dato approssimativo erano i riferimenti al re Erode e al censimento, ma niente di definitivo. Gli studiosi ecclesiastici fissarono la data da festeggiarsi i natali di Gesù solo nella prima metà del 400. Nella scelta della data, più che il caso prevalse il fatto che in un almanacco, redatto nel 354 d.C. da Furio Dionisio Filocalo, vi è un frammento di un calendario liturgico cristiano in uso a Roma, che alla data VIII Kalendas Ianuarias, cioè il 25 dicembre, è scritto: Natus est Christus in Betleem Judaeae.

Così la chiesa sovrapponeva alle festività pagane la festività Cristiana, ma le usanze per i festeggiamenti dell’ Invictus solis erano talmente radicate che resero difficile l’inserimento della nuova realtà. Usanze pagane rimasero nei riti della Chiesa per molto tempo fino ad arrivare ai nostri giorni, fra i tanti il ceppo di Natale con cui gli adoratori del Dio Sole volevano aiutare l’astro a riprendersi dopo i duri giorni antecedenti al solstizio. I sacerdoti e i papi si lamentavano perché i cristiani prima di entrare nelle chiese s’inginocchiavano davanti al Sole. Se per i cristiani dell’Europa occidentale è assodato che Gesù è nato il 25 dicembre, non sono dello stesso parere quelli dell’Europa orientale che festeggiano la nascita di Gesù il 6 gennaio e altri popoli in altre date “Paese che vai, usanze che trovi” per dire che nelle regioni ove attecchì il cristianesimo, il Natale non sempre è interpretato e vissuto allo stesso modo: nel nord Europa il simbolo del Natale è un albero di conifere sotto cui vengono portati i doni. In alcuni paesi della scozia oltre all’albero che si fa in casa se ne fa un altro fuori a cui vengono appesi cibi appetitosi per gli uccelli.
Nei paesi dell’Europa centrale prevale la figura di San Nicola di Bari che nella notte del 25 dicembre entra in tutte le case attraverso le persiane per portare i doni ai bambini; nell’Europa settentrionale lo stesso San Nicola di Bari diventa Santa Claus che guida le renne per portare i doni ai piccoli di tutto il mondo; Da noi prevale il presepe quale simbolo della natività. I regali vengono portati da Gesù la notte di Natale e dalla befana il 6 gennaio.
Ai nostri giorni, caparbiamente, è entrata la figura coloratissima di Babbo Natale, che, nato, pare, in America, nelle festività natalizie porta doni ai bambini. In Spagna a portare i regali sono i re magi che a cavallo o sui carri dividono caramelle e dolci per le vie delle città. Il Natale per i Cristiani ha voluto significare il risplendere della luce: Dio è luce! Il vangelo di Giovanni: “Io sono la luce del mondo”. E’ Luce per vedere la via della salvezza, dell’amore del prossimo, del rispetto reciproco.
Per i cristiani è stato pure il motivo per riunire le famiglie. Tante partono da paesi lontani per riunirsi ai vecchi genitori e ai parenti per vivere assieme i valori che questa festa ci trasmette: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”, recita un vecchio proverbio.
Oggi questi valori si stanno tradendo: colpa del benessere, della superbia e dell’invidia. Prevale il consumismo: acquisti di doni sempre più costosi, superbia di andare in villeggiatura e invidia per non essere da meno delle persone amiche.
Tutto questo porta i figli su una strada che snatura i veri valori del Natale, della famiglia e della società, facendo intravedere un futuro sempre più tenebroso.



ASPITTANNU LU NATALI
I cristiani in allegria
aspettanu Lu Missia.
Pi li strati ‘u zampugnaru
 sciuscia e sona paru paru.
Lu paisi è tuttu luci
 e li genti su’ chiù duci .
‘Nta li casi arricugghiuti
Nonni e figghi chî niputi.
‘U presepiu cu li stiddi,
fannu ‘ granni e picciridi
‘nta li casi e ‘nta li strati
cu li cosi chiù amati:
boi e sceccu â manciatura
 pi quodiari ‘u Sarvaturi,
‘i re magi chî cammelli
pi purtari doni belli,
pû Bamminu adurari
Artigiani e picurari.
Di l’autra parti dû viali
si scunusci lu Natali:
ci su’ mitra e carri armati
 e morti strati strati,
ci su mini sparpagghiati
e barcuni disulati
 Picciriddi abbannunati
O ‘ntâ guerra ‘ntrappulati.
C’è cu’ campa ntê palazzi
‘ntra lu lussu
e ‘ntra li sfrazzi
E cu mori sutta ‘i ponti
Senza pani e senza nenti.
Benestanti e guvirnanti
pronti a fari i villeggianti
‘ntra li pisti e ntra li
Sali comu fussi carnivali
e c’è puru tanta genti
chi campa ‘ntra li stenti
 ‘Nta lu boscu,
sularina c’è ‘na casa senza stidda,
‘na famigghia poverina
senza nenti ‘nta maidda.
 Ni la ‘nsigna ‘u Bammineddu,
dici: “chista è casa mia,
Non è rutta né casteddu
Ma du’ celu è la via”.
Domenico Orifici


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