NOTERELLE UCRIESI 7
Quinte
(e ultime) divagazioni onomastiche: soprannomi, caratteristiche individuali,
circostanze.
Nino Pinzone “Palagunia”
Nelle divagazioni precedenti s’è visto
quanto varie possano essere le motivazioni genetiche dei soprannomi ucriesi (e
non ucriesi). Spulciando negli elenchi son venuti fuori soprannomi denotativi,
per rifarmi alla classificazione di Giovanni Ruffino[1],
derivanti da nomi propri, da vecchi cognomi, da provenienza allotria, da
mestieri e professioni, da nomi di animali. Un gruppo abbastanza consistente
deriva invece da caratteristiche fisiche o caratteriali degli individui a cui
la ‘nciuria era riferita.
I seguenti soprannomi (circa sessanta)
nascevano da semplici caratteristiche fisiche (come il colore dei capelli,
l’altezza, la grossezza, la lunghezza di barba o baffi, la grandezza di parti
del corpo…), ma anche da particolari difetti fisici (riguardanti la vista,
l’udito, la deambulazione, l’eloquio, l’aspetto del viso) o anche mentali
(limiti di comprendonio, malattie…):
Babbu, Babbu ‘a Finata,
Bacchiu, Baffu, Baffuni, Barbaredda, Barbazza, Barbitta, Bella panza,
Buccularu, Bummularu, Cacaredda, Cacatu, Cazzittu, Cianfra, Coddigaddina,
Coddustortu, Culu rossu, Enucu, Epaticu, Facci ‘i gialina, Facci ‘rossa, Facciazza,
Faccitta, Funciazza, Gialinu, Grattatu, Gutturusu, Jimmirusu, Jimmusu, Longu, Manuzza,
Menzaricchi, Minnazza, Mocciu, Mugnu, Mussu ‘i purceddu, Mutu, Nasca, Nascaredda,
‘Nchiappa, Orbu, Paddecu, Pazzu, Pedi fermu, Pedistortu, Piccinu, Pilu russu, Pilusa,
Pintu, Pizzasicca, Pulagra, ‘Rossu, Scacciocchi, Sciancatu, Scrufulusu, Scurciatu,
Stiratu, Surdu, Testa brusciata, Tignusu, Tistazza, Tistuni, Ucchialutu, Ucchiazza,
Ucchitta, Vucca storta, Zoppu.
Diversi altri pecchi sono invece da collegare ad atteggiamenti e caratteristiche
caratteriali, comportamentali, abitudinari dei vari personaggi, contrassegnati
in un certo modo perché bonari, allegri, di compagnia, estroversi, golosi,
amanti del bere (Baggianu, Cuntenti, Allegri, Buffuni, Cantaturi, Liccu, ‘Nnamuratu,
Trinchillinu[2]),
o perché seriosi, iracondi, birbanti, tirchi, piagnucolosi (Seriu, Cianci cianci, Ribelle, Birbantuni,
Birbuni, Cori ‘i pilu, Ebbreu, Sciarruni (?), Fumusu, Limusinanti, Grivianza, Trimanti). Particolarmente
curiosa risulta, tra questi tipi di ‘nciuria,
Paracatè, che Ciccino Pinzone, nel
suo più volte ricordato elenco, spiegava facendola ipoteticamente derivare da pari ca te (= sta bene quello che dici
tu, la penso come te), riferita dunque a chi era sempre d’accordo e lo
esplicitava con tale sgrammaticata frase. Sullo stesso piano va considerata ‘Mmettinu (o ‘Mmettu) probabilmente attribuita a chi cedeva all’abitudine di
ripetere la parola quando era costretto ad ammettere qualcosa. Ragionamento
analogo va fatto per Eccetiru e Eccetra. Come diversi altri (Porca l’oca, Porco padre, Trentapili…)
tali soprannomi appartengono alla tipologia che gli specialisti definiscono
delocutiva, perché riprendono caratteristiche della parlata o espressioni
tipiche della persona in questione.
Ecco un loro elenco:
Allegri, Baggianu,
Birbantuni, Birbuni, Buffuni, Cantaturi, Cianci cianci[3], Cori ‘i pilu,
Cuntenti, Ebbreu, Fumusu, Grivianza, Liccu, Limusinanti, Mmettinu (Mmettu),
Nnamuratu, Paracatè, Ribelle,
Sciarriuni, Seriu, Trimanti
Procedendo nella disamina, va rilevato
come siano numerose anche le ‘nciurie
ucriesi derivanti da nomi di cose: si tratta di oggetti dell’uso quotidiano,
vestiti e abbigliamento, attrezzi di lavoro, cibi, alberi, erbe, ortaggi…:
Bannera, Battagghiu,
Battagghjolu, Biscuttinu, Brogna, Bummulu (crudu), Buzzuni, Cafittera,
Campanazza, Cannedda, Cannolu, Cappeddu, Cappillettu, Cartedda, Casacca,
Castagna, Chiovu, Chiuppu, Cimitarra, Cipudda, Corda, Craculu (vecchiu), Crusta
(Orbu ‘i), Fadetta, Fadittazza, Giluccuni, Gnoccu, Lasagna, Luppinu, Mianu,
Muzzuni, ‘Ncujina, ‘Ngona, Pagghiera, Panareddu, Pannocchia, Paracarru, Persica
(pilusa), Pipareddu, Pistola, Radici, Rancugghju, Runchedda, Runciu, Ruvettu, Sacchipagghia,
Sasizza, Sciabbica, Sciuri, Tinagghja, Tizzuni, Zimmili.
Non si può, però, concludere la ormai
lunga analisi dei soprannomi ucriesi senza fermare l’attenzione su un’ultima
categoria, che è poi quella più intrigante e divertente. Moltissime ‘nciurie, infatti, anche se è difficile
per tantissime la ricostruzione della motivazione onomasiologia, si segnalano
per una fantasia, una inventiva, spesso una cattiveria e una malignità,
veramente degne di nota. Lo spunto poteva essere il più vario. Bastava che un
personaggio facesse un gesto inusuale, un atto particolare, che pronunciasse
una parola o una frase fuori dall’ordinario, perché subito i compaesani gli cucissero
addosso dei soprannomi, che spesso, tra l’altro erano veramente pesanti e non
di rado sconfinavano nella più volgare trivialità. La componente funzionale dei
soprannomi cedeva il passo in queste occasioni a quella ludica. Devo dire, a
tal proposito, che è solo per spirito di completezza e di scientificità, che, dopo
vari tentennamenti, ho deciso di inserire anche queste ‘nciurie nell’elenco, chiedendo umilmente scusa a quanti dei
lettori (o degli…intestatari del soprannome) dovessero per questo sentirsi
offesi.
Molti dei soprannomi appartenenti a
questa tipologia sono formati da un verbo (spesso ripetuto) e un complemento
oggetto: bruciare (Bruciamorti,
Bruciapagghiara, Bruciapagghjuni, Bruciapiciuni), guardare (Guardalucelu, Guardapiciuni, Guardaporci),
mangiare (Manciacannola, Manciaficuzza,
Manciammerda, Manciapani, Manciaracina), rubare (Robbabaccalà, Robbabaccalaru, Robbaporci), schiacciare (Scacciapitruddi, Scacciocchiu),
incendiare (Svampapagghiaru,
Svampapagghjiuni), ballare (Ballacazizza
(?), Ballacupupu). Dello stesso genere anche Bucapadeddi, Cogghiscorpa, Luciacani, ‘Mbrogghiapopulu, ‘Ncannacanneddi,
Sciuscialuci, Scorciascecchi, Spardafisciu, Strazzacappottu, Tiralacatena, Ttaccabuffi.
Non mancano i triviali riferimenti alle funzioni corporali (Pisciacannolu, Pisciacinniri, Cacapadedda,
Cacapignata). Qualche volta il formante
è un numerale: così per Quattrutesti, Quattrupanotta,
Trippidita. Particolarmente notevoli quelli che traggono la loro origine da
usi alimentari (Manciacannola, Manciaficuzza…[4]),
una tipologia diffusa in tutta la Sicilia e anche altrove. Lo spunto iniziale,
se vogliamo, è quello per cui i meridionali chiamano polentoni i settentrionali, i francesi chiamano maccheroni gli italiani, gli inglesi e
gli italiani chiamano mangiarane e mangia lumache i francesi o mangiacrauti i tedeschi. Alla stessa
tipologia afferiscono probabilmente anche alcuni dei soprannomi come Lasagna, Biscuttinu, Cannolu (?), Cipudda,
Gnoccu, Luppinu, Pasta e linticchia, Persica (pilusa), Pipareddu, Piracotta, Sasizza.
Alcune ‘nciurie, poi, sono veramente
strane. Che dire di Comu ‘nto chianu ‘i
San Conu, oppure di Mamma, ‘u piattu,
‘Ncoccia Mariantona, ‘Ncugna Micheli? Sono sicuramente anch’essi soprannomi
delocutivi, quelli che riprendono frasi o modi di dire della parlata di un
individuo. Notevoli anche Pasquali cu ‘a corda, Pezzu ‘i
pulici, Pilu ‘i gattu, Bona pacchia, Ficafradicia,
Radica di patata, Sucatilossu, Sucatilovu, Tirata du purceddu (di porci), Tuppu d’amuri,
Vatravagghia, Vermu tagghiarinu, Vecchia ‘i piruzza, Frappalazzu, Frascappà, Ghjrichitudda, Malanuvedda, Matapollu, Mpantalalà, Parazzinna, Piritofalu, Piritolla, Tirinnanna,
Tirulì Mpù Mpù. Di quasi tutti è
veramente difficile individuare la motivazione onomasiologica, essendo ormai
passata nel dimenticatoio la circostanza che li generò.
“Qui finisce… l’avventura del signor
Bonaventura”, finisce, cioè, la mia lunga incursione nel mondo dei pecchi ucriesi, nata dalla curiosità di
conoscere l’origine dei soprannomi della mia famiglia e alimentata dalla grande
quantità di dati messi assieme da Ciccino Pinzone. A riconoscimento dei suoi
meriti mi piace pubblicare in appendice la fotocopia della citazione che ne
fece Rohlfs, che (con grande soddisfazione di mio padre) definì “prezioso” il corposo manoscritto fornitogli.
Ribadisco, in chiusura, che lo spirito
con cui sono andato componendo le cinque divagazioni onomastiche è stato quello
di chi vuole divertirsi e vuole far divertire, ma che vuole anche gettare uno
sguardo indiscreto nel passato, per meglio conoscerlo e meglio farlo conoscere
agli ucriesi. Anche i soprannomi, come tanti altri dati tradizionali, se
sapientemente utilizzati, forniscono un non indifferente contributo allo studio
della storia delle singole comunità. Gli specialisti mi scuseranno per
l’ingenuità di certe mie proposizioni e per la debolezza di certi fondamenti
teorici, frutto tutti di veloci e, nella loro prospettiva, superficiali,
impressioni. Del resto i lettori più esigenti potranno arricchire le loro
conoscenze attingendo ai lavori fondamentali dei vari Pitré, Rohlfs. Ruffino,
Burgio o Castiglione. Per questo motivo, nel concludere, reiterando le mie
scuse a quanti avessi involontariamente offeso o infastidito, allego un piccolo
elenco di titoli, cui attingere per ulteriori approfondimenti.
Bibliografia
-Caffarelli, E. 2002. L’antroponimia,
in M, Cortelazzo et alii (ed.),
I dialetti Italiani. Storia,
struttura ed uso, 119-136. Torino.
-Castiglione, M. (ed.). 2011.
Tradizione, identità e tipicità nella cultura alimentare
siciliana. Lo sguardo dell’Atlante Linguistico della
Sicilia. “Materiali e ricerche dell’ALS”, 26. Palermo
-Castiglione, M. 2011a.
Introduzione . In: Castiglione (ed.), 2011, 11-19.
-Castiglione, M., Agus, F.
2011. Il cibo delle donne tra voglie, tabù e interdizioni alimentari,.In: Ead.
(ed.), 2011, 231-248.
-Castiglione, Marina; Burgio,
Michele. 2011. Verso un Dizionario Atlante dei Soprannomi Etnici in Sicilia
(DASES), Rivista Italiana di Onomastica 17,1, 11-31.
-Marrale, A. 1990. L’infamia
del nome. I modi e le forme della sopranominazione a
Licata, Palermo.
-Migliorini, B. [1929], 1984.
Spunti di motteggio popolare: i
soprannomi etnici e locali, in M.
Cortelazzo (ed.), 1984. Curiosità linguistica nella cultura popolare,
153-167, Lecce.
-Pitrè, G., 1871. Canti
popolari siciliani raccolti e illustrati da Giuseppe Pitrè
preceduti da uno studio
critico dello stesso autore, Palermo.
-Pitrè, G. 1879-1913. Proverbi
motti e scongiuri del popolo siciliano, in: «Biblioteca delle Tradizioni popolari siciliane», XXIII,
118-184. Torino.
-Pitrè, G., 1884. Recensione
a “Blason populaire de la France par Henri Gaidoz et
Paul Sébillot”, Archivio per lo studio
delle tradizioni popolari, 469-462.
Pitrè, G., Usi e costumi,
credenze e pregiudizi del popolo siciliano raccolti e
descritti da Giuseppe Pitrè , Palermo-Torino-
-Rohlfs, G., Grammatica
storica della lingua italiana e dei suoi dialetti. Lessico e formazione di
parole ,Torino.
Rohlfs, G.. 1984, Soprannomi
siciliani, Palermo.
Ruffino, G. 1988, Soprannomi della Sicilia occidentale (tipi
idiomatici, fonosimbolici
e triviali), Onomata. Revue onomastique, 12, 480-485.
Ruffino, G. 2009. Storie geoantroponomastiche popolari come
autobiografie
Comunitarie, in L. Amenta, G. Paternostro (edd). I parlanti e le loro storie
“Materiali e ricerche dell’ALS”, 22, Palermo,
315-347.
Ruffino, G. 2010. Mestieri
e lavoro nei soprannomi siciliani. Un saggio di
“Materiali e ricerche dell’ALS”, 24. Palermo.
Ruffino, G., . Il
soprannome in Sicilia. Saggio di geoantroponomastica
Popolare
in c. di st.
Sgroi, S. C., 2010.
La formazione delle parole nei
soprannomi di mestiere,
“Bollettino del Centro di Studi Filologici
e Linguistici Siciliani”, 22, 367-400.
[1]
Cfr. G. Ruffino, Soprannomi della Sicilia occidentale (tipi idiomatici, fonosimbolici e
triviali), Onomata. Revue onomastique
12, 1988, 480-485; e M. Castiglione, Antroponomastica
y usos alimenticios: el caso de los sobranombres individuales y comunitarios en
Sicilia, in Els noms en la vida
quotidiana. Actes del XXIV Congrés Internacional d’ICOS sobre Ciènces Onomàstiques,
Annex, Seccio 4, 436.
[2] Connesso etimologicamente con ‘trincare’, ‘bere’, fondamentalmente
riferito dunque a un beone. Ricorre anche in Calabria, dove un diffuso
proverbio così recita: Trinchillinu,
Trinchillinu,/ fazzu festa ogni matinu,/ mangiari, viviri e dormiri/ e a
fatigari mai ci jiri
[3]
Rientra (come Ghjchi Ghjchi, Mminu Mminu,
Mina Minetta e Velli Velli) nella
categoria definita da Rohlfs ‘del raddoppiamento’.
[4]
Riportati da Castiglione, Antroponomastica, cit., 439
(che li desume da Rohlfs, che a sua volta citava dall’elenco fornitogli da mio
padre).
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